
di Antonio Campos (Stati Uniti, 2020)
Già dal titolo, “The Devil All The Time” non lascia presagire nulla di buono, perché il diavolo (il male in questo caso) appartiene a ogni epoca e si rinnova di generazione in generazione, come una pesante eredità tra padre e figlio. Non a caso il film prende vita durante la Seconda Guerra Mondiale e si chiude con il conflitto del Vietnam ormai parte integrante della cronaca americana. Un cerchio dentro al quale si muovono tanti personaggi collegati tra loro, seguendo le orme dell’omonimo romanzo scritto da Donald Ray Pollock (un autore sulla scia dei vari John Lansdale e Cormac McCarthy). Peccato però aver tradotto “The Devil All The Time” con l’insipido “Le Strade Del Male”, una denominazione fuorviante e superficiale che potrebbe far pensare all’ennesimo horror commerciale di nuova generazione. Invece Antonio Campos (da noi già ammirato per la regia di “Simon Killer” e “Christine”) gira un dramma di ambientazione neo-western, facendoci sprofondare nella provincia americana più remota e bigotta (ci troviamo al confine tra Ohio e West Virginia).
1945: Willard Russell (Bill Skarsgård), reduce dal conflitto combattuto sul fronte del Pacifico, rientra a casa e si innamora della giovane cameriera Charlotte (Haley Bennett), con la quale avrà un figlio (Arvin, da grande interpretato da Tom Holland). In realtà i suoi genitori lo avrebbero voluto come marito di Helen (Mia Wasikowska), una donna devota che comunque finisce per sposarsi con Roy (Harry Melling), il predicatore del posto. Da questa unione nasce Lenora (Eliza Scanlen), praticamente coetanea di Arvin. Alcuni salti temporali ci permettono di atterrare prima durante gli anni cinquanta e poi ancora nei 60s, quando molte cose sono cambiate. C’è chi è stato ammazzato, chi è morto di cancro, chi ha tentato il suicidio e chi è costretto ancora a lottare contro il marciume insito in quella piccola comunità. A tal proposito, un protagonista che entra in gioco successivamente è il reverendo Preston Teagardin, nel cui ruolo troviamo un ispiratissimo Robert Pattinson.
“The Devil All The Time” è una pellicola corale nella quale ogni elemento del cast diventa complementare al successivo e viceversa, come un puzzle dove ogni pezzo si deve per forza incastrare con quello accanto: all’inizio non è facile orientarsi tra queste zone rurali lontane dalla civiltà, anche se per nostra fortuna lo script non esce mai dai binari portando a termine la storia senza particolari sbavature. Il messaggio lanciato dal film è chiaro ed eloquente, perché ogni famiglia coinvolta nelle vicende è succube della superstizione e di un’inconsapevole depravazione dello spirito, una piaga che presto ci presenta il conto sotto forma di violenza e di altri orrori indicibili.
Fin qui tutto bene, ma ci sono alcuni aspetti dell’opera che non ci hanno convinto al cento per cento: prima di tutto la regia e la fotografia, marchiate a fuoco dal gigante Netflix e per tale motivo prive di personalità (l’impronta di Campos assaporata in passato qui viene risucchiata dagli standard tipici della succitata piattaforma streaming). Inoltre il minutaggio del film (due ore e diciotto minuti) non è affatto giustificato, ce ne accorgiamo soprattutto in una parte centrale abbastanza ripetitiva e priva di mordente. Resta quindi sul piatto un lavoro sicuramente valido e meritevole di visione ma allo stesso tempo eccessivamente stereotipato alle tante produzioni contemporanee di marca Netflix. Che sia un bene o un male, decidetelo voi.

(Paolo Chemnitz)
