Bambole E Sangue

di Paul Bartel (Stati Uniti, 1972)

“Bambole e Sangue” (“Private Parts”) segna il debutto ufficiale sulla lunga distanza per Paul Bartel (1938-2000), attore e regista newyorkese conosciuto soprattutto per la regia del distopico “Death Race 2000” (1975). Con un budget piuttosto risicato, Bartel ambienta la sua storia all’interno di un vecchio albergo, lasciandosi ispirare dal cinema di Alfred Hitchcock (i punti di contatto con “Psycho” sono eloquenti) e dalle solite controverse tematiche presenti nella società americana (in questo caso la repressione sessuale).
La giovane Cheryl (discreta la prova della graziosa Ayn Ruymen), dopo aver litigato con la sua migliore amica, fugge a Los Angeles chiedendo ospitalità alla zia Marta, un’anziana signora bigotta che gestisce una pensione dove alloggiano individui ambigui e stravaganti. Tra questi incontriamo George, un fotografo alquanto timido attratto dalla piccola Cheryl: la vecchia signora però, per evitare che i due si possano innamorare, procura delle bambole gonfiabili trasparenti all’uomo, in modo tale che egli possa raggiungere l’orgasmo per conto suo (attraverso una sorta di rituale erotico che da solo vale la visione della pellicola). Nel frattempo tra quelle stanze qualcuno ha iniziato a commettere degli omicidi, in un crescendo di morbosi eventi che ci conducono per mano verso un epilogo purtroppo affrettato ma abbastanza sconvolgente.
Quello di Paul Bartel è un thriller psicologico molto particolare, poiché partendo da un soggetto tutto sommato scontato, il regista sviluppa l’opera facendola sconfinare spesso nell’horror e nel grottesco, caricando oltremisura i protagonisti (la figura del prete è decisamente sui generis) e infilando qua e là ossessione, follia e perversione. Un film dunque originale nelle intenzioni e allo stesso tempo abbastanza confuso nella sceneggiatura, come se Bartel avesse voluto realizzare un inconsapevole proto-slasher gettando dei semi alla rinfusa senza porre alcuna attenzione ai tanti ingredienti capaci di codificare tali sensazioni.
Nonostante l’assenza di ritmo (durante la parte centrale lo sbadiglio è dietro l’angolo) e i difetti di cui sopra (le devianze sessuali perdono forza se attuate da personaggi-macchietta), “Bambole e Sangue” è un prodotto di cui vi consiglio la visione, anche solo per assaporare qualche immagine veramente destabilizzante, sequenze che celano gli orrori e i segreti della peggiore feccia moralista e perbenista americana. Angoscia e black humour vanno quindi a braccetto in “Bambole e Sangue”: non aspettatevi nulla di importante ma siate curiosi fino in fondo, quando un film è squallido e malsano c’è sempre un buon motivo per spendere novanta minuti del proprio tempo.

(Paolo Chemnitz)

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