di Jeff Barnaby (Canada, 2019)
Mi’kmaq è il nome di una popolazione nativa americana stanziata principalmente nella parte orientale del Québec. Le opere di Jeff Barnaby (le sue origini sono proprio indigene) sono legate a doppio filo con tali radici, una fiera appartenenza etnica che con questo zombie movie tira fuori dei connotati socio-politici ben precisi, sottolineando ancora una volta l’intramontabile funzione allegorica del cinema dei morti viventi (il titolo “Blood Quantum” è già eloquente, si riferisce infatti al termine utilizzato dai colonizzatori per la misurazione del sangue indigeno nell’intento di ricostruire una loro parziale o totale affiliazione tribale).
Nella riserva indiana di Red Crow accade qualcosa di strano: i salmoni appena pescati ed eviscerati cominciano inspiegabilmente a dibattersi, una situazione che poco dopo si ripete anche con il cane dello sceriffo Traylor (Michael Greyeyes), morto di recente ma pericolosamente ritornato in vita. Quando l’infezione si propaga agli esseri umani, in questo luogo incontaminato ha inizio una lotta senza esclusione di colpi tra i contagiati e quella fetta di popolazione rimasta immune alla pandemia (ovvero solo i nativi americani).
La parte iniziale di “Blood Quantum” è abbastanza incoraggiante ma con il passare dei minuti la pellicola tende a perdere il suo smalto, fino a diventare un classico film di zombi come mille altri se ne sono visti di recente. Inoltre il tono a tratti scanzonato delle vicende non riesce a comunicarci alcun sentimento di orrore e raccapriccio. Per trovare quindi una chiave capace di dare un senso a tutto ciò, Jeff Barnaby si gioca la carta della colonizzazione, qui simboleggiata da un virus che riesce a trasmettersi soltanto tra individui bianchi (il morto vivente affamato diventa perciò la metafora del conquistatore avido di terre e di denaro). Fin quando sono coinvolte le minoranze calpestate dalla storia non c’è nulla di sbagliato, anche perché “Blood Quantum” si muove sulla stessa linea di quei western revisionisti dove finalmente gli indiani non erano i cattivi da annientare ma avevano una loro dignità. Di esistere, prima di tutto. Il problema alla base del film è che purtroppo all’idea di partenza non corrisponde una sostanza altrettanto corposa, un difetto per il quale è impossibile chiudere un occhio.
Per gli amanti degli zombie movie, “Blood Quantum” non aggiunge una virgola a quanto già visto, a parte una bella location rurale e qualche riuscita sequenza ricca di sangue: c’è chi adora a prescindere il genere ma c’è anche chi vorrebbe potersi gustare un prodotto che funzioni soprattutto dal punto di vista della tensione narrativa, qui praticamente assente. Allora bisogna accontentarsi del messaggio, troppo poco però per raggiungere almeno una piena sufficienza.
(Paolo Chemnitz)