di C. Huston e Joe Rubin (Stati Uniti, 2018)
“Portraits Of Andrea Palmer” è uscito di recente in edizione home video anche qui in Italia, l’ennesima occasione per scoprire il lato più marcio dell’underground estremo americano. Diretto dagli sconosciuti C. Huston e Joe Rubin (quest’ultimo ha realizzato e prodotto una lunga serie di piccoli documentari), questo film si può definire senza mezzi termini un dramma di taglio pornografico, considerando la massiccia presenza di scene di sesso esplicito.
Andrea Palmer (una credibile e ispirata Katrina Zova) è una cam girl a caccia di soldi facili: l’occasione buona per guadagnare qualcosa di più sostanzioso si presenta quando la ragazza riceve un’offerta per un lavoro a Los Angeles. Qui però non si tratta di fare l’attrice o la modella nei luoghi più cool della città (“The Neon Demon” appartiene a un altro mondo), perché la metropoli in cui si muove la protagonista è un ricettacolo di individui infimi e pericolosi, i quali spingono la giovane dentro una spirale di droga, violenza e totale perversione.
La pellicola si esaurisce velocemente dopo settanta giri di lancetta, lasciando sullo sfondo una trama che non ha tutta questa importanza: ciò che infatti interessa ai due registi è mostrare lo squallore che circonda Andrea, una depressione che tocca sia i luoghi che i personaggi che si alternano sullo schermo. Non a caso anche le immagini dei rapporti sessuali non ambiscono di certo a far eccitare lo spettatore, poiché puntano soprattutto sul lato ripugnante dell’amplesso (un malessere ereditato da quelle opere in cui una scopata si trasforma in assoluto disagio, pensiamo a un cult come “Forced Entry”). Tiriamo in ballo un regista come Shaun Costello proprio perché “Portraits Of Andrea Palmer” pare un tributo al cinema underground degli anni settanta, anche solo per l’utilizzo del formato 16mm e di una fotografia sgranata che sembra provenire da quel glorioso decennio.
Se l’assenza di un commento musicale si rivela una scelta indovinata, i lunghi silenzi (durante le scene di sesso) o l’utilizzo distorto del sonoro lasciano filtrare qualcosa di realmente destabilizzante, un leitmotiv che ci accompagna per mano verso un epilogo dai contorni horror, a suggellare l’ultimo passo di questa irreversibile discesa all’inferno. Possiamo tranquillamente dare fiducia a questi due registi: con uno script più articolato e con un budget più sostanzioso, potrebbero riservarci delle ottime sorprese in futuro. Nel frattempo, “Portraits Of Andrea Palmer” ha tutte le carte in regola per intrattenere gli appassionati del cinema estremo più lurido e deviato.
(Paolo Chemnitz)