Lo Squartatore Di Los Angeles

the toolbox murdersdi Dennis Donnelly (Stati Uniti, 1978)

Non c’è dubbio che ogni grande metropoli abbia il suo squartatore di fiducia (Lucio Fulci si è dilettato con quello di New York), bisogna però rimarcare il fatto che il titolo italiano di “The Toolbox Murders” è a dir poco fuorviante, in quanto il killer in esame stavolta non squarta proprio nessuno, semmai si diverte a uccidere con gli attrezzi da lavoro tipici del carpentiere: trapano, martello, cacciavite e sparachiodi, un poker senza dubbio originale che all’epoca fece incazzare la censura (il film fu massacrato di tagli in molti paesi, tra cui il Regno Unito).
Nel 1978 già si respira pesantemente un’aria da slasher movie, anche se il regista Dennis Donnelly spara le cartucce migliori solo nei primi trenta minuti dell’opera: l’incipit è molto suggestivo, sprofondiamo immediatamente nella notte di Los Angeles, tra luci al neon e cupe atmosfere che sembrano voler anticipare gli orrori messi in scena da lì a poco. C’è infatti un maniaco omicida che sta terrorizzando la città, un uomo col passamontagna che si introduce nelle case ammazzando con ferocia le donne che vivono da sole. Quando poi il protagonista rapisce una ragazza di nome Laurie, la pellicola cambia registro e scattano delle indagini che lentamente mandano tutto a puttane, facendo sprofondare “Lo Squartatore Di Los Angeles” nella noia più assoluta.
Questa pellicola non merita per alcun motivo l’appellativo di cult movie, perché se vogliamo essere sinceri fino in fondo, soltanto la parte iniziale (e un epilogo tutto sommato apprezzabile) riescono a tenere testa alle nostre aspettative: il resto invece è veramente insipido, a cominciare da una regia televisiva davvero mediocre, non a caso il povero Dennis Donnelly (questo è il suo unico film) in quel periodo stava consolidando la sua fama dirigendo le “Charlie’s Angels” (questo era il suo mondo, la televisione. Qualche anno dopo il regista sarà impegnato a girare ben dodici episodi di “A-Team”).
Se un soggetto del genere fosse finito nelle mani di John Carpenter o di William Lustig, la storia sarebbe stata diversa: un peccato, perché è sempre triste vedere un film che si sgonfia improvvisamente dopo averti preso per il collo durante la prima mezzora. “Lo Squartatore Di Los Angeles” non ha dunque troppi motivi per essere ricordato positivamente, anche quando Tobe Hooper ha provato a farlo risorgere con “La Casa Dei Massacri”, una pallida ma più curata rivisitazione del 2004. Trascurabile.

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(Paolo Chemnitz)

lo squart

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