Melancholie Der Engel

mdedi Marian Dora (Germania, 2009)

Se la nostra passione nei confronti del cinema estremo fosse condizionata da qualche solido pregiudizio, non avrebbe neppure senso perdere del tempo guardando questo tipo di pellicole. Tutto però ha un limite. A tal proposito il caso di “Melancholie Der Engel” è piuttosto eclatante, perché si tratta di un filmaccio pregno di violenza gratuita e di misoginia tanto per, due prerogative che possono assumere un significato importante solo se supportate da validi argomenti. Marian Dora ci prova, ma il suo pappone filosofico-nichilista risulta poco convincente e alla lunga persino estenuante (un minutaggio di due ore e trentotto minuti sarebbe il caso di lasciarlo soltanto ai grandi del cinema).
Eppure Marian Dora non è un cane dietro la cinepresa, perché a differenza di un Fred Vogel qualsiasi lui è capace di girare con una certa disinvoltura: lo abbiamo visto in “Cannibal” (2006) o nel più recente “Carcinoma” (2014), le sue opere più interessanti nonostante si continui sempre a parlare di questo suo terribile esperimento. Ma il motivo è chiaro, “Melancholie Der Engel” tira fuori il peggio della natura umana, attraverso una carrellata di immagini infami e disturbanti che restano ben impresse nella memoria. Purtroppo.
Il plot? Non esiste, tranne l’abbozzata premessa iniziale, in cui due amici (Katze e Brauth, quest’ultimo interpretato dal pornodivo marocchino Zenza Raggi) si incontrano dopo tanto tempo, convincendo due ragazze conosciute in un luna park a seguirli in un vecchio casolare di campagna. Lì vengono raggiunti da altri personaggi: con loro c’è anche la libertina Anja, l’artista Heinrich e infine Clarissa, una ragazza disabile. Da questo momento i protagonisti si lasciano andare a pratiche sempre più deviate e perverse, azioni liberatorie che si innalzano in tutta la loro crudeltà, come se davanti alla morte non ci fosse più nulla da perdere (Katze è affetto da una malattia terminale).
Nel cinema gli animali non li ha ammazzati soltanto Marian Dora, questo è doveroso sottolinearlo, però nel contesto generale del film non c’è una scena che non sia gratuita (non importa se a rimetterci le penne sia un insetto, un gatto o una scrofa). Ma anche se proviamo a bypassare queste immagini (sulle quali potrebbe aprirsi un dibattito infinito), non c’è molto da stare allegri pure quando il montaggio salta gioiosamente da uno stupro a una suora che si masturba. La tematica religiosa, pur nella sua surreale bizzarria, è ben presente nell’opera (Brauth assomiglia vagamente a Gesù Cristo), ma ci sono anche molti riferimenti che guardano sia a De Sade che a Pasolini, perché Marian Dora butta nel frullatore sesso, morte e blasfemia come se non ci fosse un domani (quindi a cazzo di cane, se ancora non fosse ben chiaro). Nota vagamente positiva, la colonna sonora curata da David Hess (sì, proprio lui, il Krug Stillo del cult “L’Ultima Casa A Sinistra”).
Tornando alle prime considerazioni di questa recensione, non è solo la condanna di fondo nei confronti della violenza gratuita a far crollare in basso la valutazione della pellicola: “Melancholie Der Engel” è infatti un affronto bello e buono al nichilismo come approccio filosofico, perché non si può ridurre questo termine alla solita vuota competizione a chi è il più estremo del pianeta. Marian Dora picchia duro e non ci sono dubbi, ma il malato contesto generale è talmente mortificante che la totale assenza di morale a un certo punto sortisce l’effetto contrario. Invece di un sano shock, ti vien voglia di chiudere tutto e di mandare a fare in culo una porcata di tale levatura.

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(Paolo Chemnitz)

melderengel

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