13 Tzameti

13 tzametidi Géla Babluani (Francia, 2005)

Produzione francese ma regista e titolo georgiano (tzameti significa tredici) per questo agghiacciante thriller uscito nel 2005, uno dei film più allucinanti tra quelli realizzati durante gli anni zero. Premiato sia al Sundance che a Venezia, “13 Tzameti” segna il debutto per Géla Babluani, chiamato poi nel 2010 a dirigere il remake americano della stessa pellicola, un rifacimento (a colori) ovviamente evitabile.
George Babluani (il fratello del regista) interpreta Sébastien, un giovane di ventidue anni che lavora come operaio presso una villa: i primi venti minuti dell’opera sono abbastanza frammentati e non riusciamo a mettere a fuoco lo sviluppo del plot, anche perché “13 Tzameti” sembra soffermarsi più sulle atmosfere (da tipico noir francese) che sulla sceneggiatura. Poi, a un certo punto, la pellicola cambia decisamente registro, Sébastien infatti trova una lettera nella quale c’è l’invito per partecipare a un lavoro di poche ore ottimamente retribuito, l’occasione giusta per guadagnare tanti soldi in un sol colpo. Seguendo le indicazioni, Sébastien si reca in un posto isolato nel bosco, dove viene caricato su una macchina per essere condotto all’interno di un casolare, il luogo nel quale per lui e per altri dodici prescelti ha inizio una nottata da incubo.
valentina-mulatero-6aL’uomo nasce una volta e muore una volta. Prendila con filosofia: discendi da Schopenhauer!”. Se avete già visto il film, continuate pure a leggere, ma se per caso vi state imbattendo per la prima volta in questo “13 Tzameti”, vi consiglio di interrompere qui la lettura, in modo tale da atterrare nella fase centrale dell’opera con le stesse identiche informazioni del protagonista, totalmente all’oscuro del ruolo che egli deve ricoprire. Da questo istante in poi la tensione tocca delle vette a dir poco devastanti, poiché tutto è racchiuso nel giro di pochi secondi, in una lampadina che si accende e in un grilletto che viene premuto. Una roulette russa da brividi, roba da far impallidire quella cult già vista nel celebre “Il Cacciatore” (1978) di Michael Cimino.
Chi organizza questo gioco al massacro? Un gruppo di ricchi scommettitori clandestini, un circolo segreto di loschi individui capaci di esaltarsi per la morte altrui (personaggi che possono essere accomunati ai sadici aguzzini del contemporaneo “Hostel”, nonostante si tratti di due pellicole agli antipodi). L’opprimente utilizzo del bianco e nero si rivela funzionale agli eventi, i quali conoscono un’evoluzione tutto sommato plausibile se includiamo anche un epilogo amaro e beffardo (“13 Tzameti” non poteva terminare in maniera diversa). Questo thriller ci incolla letteralmente allo schermo, offrendoci un campionario umano davvero deprimente, dove i soldi contano di più di ogni altra cosa (pure per il giovane Sébastien, una vittima attirata dal denaro che si trasforma in uno spietato carnefice). Meglio di tanti horror o di alcuni pompatissimi thriller spacciati per tali, “13 Tzameti” è una di quelle esperienze che non si dimenticano facilmente. Perché qui si suda freddo, in attesa di un colpo in testa.

4

(Paolo Chemnitz)

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