Grizzly Man

grizzly mandi Werner Herzog (Stati Uniti, 2005)

Timothy Treadwell (1957-2003) è stato un ambientalista statunitense con l’ossessione per i grizzly, animali con i quali egli decise di convivere per ben tredici estati consecutive (all’interno di una riserva naturale in Alaska), fino al giorno in cui un orso grigio sbranò sia lui che sua moglie Amie Huguenard, ponendo fine alla loro lunga avventura. Studiando e proteggendo questi esemplari, Treadwell si sentiva libero e realizzato, poiché i grizzly per lui avevano maggiore importanza degli esseri umani: questo strambo personaggio girava dei veri e propri documentari mentre aveva a che fare con gli orsi, mettendo a rischio e pericolo la sua incolumità (è ben chiaro fin da subito quanto fosse incosciente la missione di Treadwell, un tipo sopra le righe ma dall’animo buono e sensibile).
L’idea di questo film è stata affidata a Werner Herzog dalla ex compagna del protagonista, a cui Discovery Channel propose di realizzare un doc su quanto accaduto: per il regista tedesco sarebbe stato un delitto non accettare, in quanto c’è più di un elemento in comune tra la figura di Timothy Treadwell e la follia di Klaus Kinski vista in “Fitzcarraldo” (1982), due individui entrambi accomunati dal chiodo fisso per un obiettivo enormemente ambizioso (se non impossibile da raggiungere). Herzog sceglie una serie di immagini già precedentemente selezionate da alcuni collaboratori (il materiale a disposizione superava le cento ore), lasciando gran parte dell’opera nelle mani del defunto ambientalista, le cui riprese hanno davvero dell’incredibile. Grazie poi a un montaggio di grande spessore e dinamicità, il regista aggiunge al menu principale alcune interviste (con le quali siamo in grado di ricostruire il passato di Treadwell) e le sue personali considerazioni sul rapporto tra l’uomo e la natura, riflessioni ovviamente intrise di pessimismo cosmico nonostante non sia mai messo in discussione il rispetto nei confronti di questo sconsiderato grizzly man.
Nel documentario non è presente l’audio che immortala la terribile aggressione a Timothy e Amie, ma è possibile ascoltare le urla di disperazione della coppia facendo una semplice ricerca su YouTube: Werner Herzog ci risparmia questo particolare (anche se c’è una scena in cui il regista è alle prese proprio con l’ultima agghiacciante registrazione), così come ci evita un’intervista di Treadwell al David Letterman Show, nella quale il presentatore scherza con l’uomo chiedendogli se un giorno finirà mai tra le fauci di un orso. Una premonizione che poi si è avverata, ma che è possibile recuperare soltanto nella versione cinematografica originale del documentario.
I believe the common denominator of the universe is not harmony, but chaos, hostility and murder”. Lavorando su del materiale a lui caro, il regista tedesco dirige uno dei suoi prodotti più riusciti tra quelli realizzati dal 2000 in poi, una pellicola pregna di significati e di situazioni al limite, dove l’essere umano cerca ancora una volta di sfidare gli equilibri del mondo animale e naturale: la morte di Timothy rappresenta però la degna conclusione di un percorso che non poteva concludersi in maniera diversa, perché possiamo ritenerci puri e coraggiosi solo se un giorno veniamo annientati da ciò che amiamo. Da quella legge sadica che governa le passioni più estreme.

4,5

(Paolo Chemnitz)

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