di Barbet Schroeder (Francia, 1976)
Tra le pellicole più curiose uscite durante gli anni settanta, è impossibile non citare “Maîtresse”, uno dei primi lavori diretti da Barbet Schroeder (pochi anni prima impegnato nel fumoso “La Vallée”, un film diventato celebre solo grazie alla colonna sonora firmata dai Pink Floyd). In questo lungometraggio il regista franco-svizzero affronta con molta disinvoltura la tematica del sadomasochismo, passando dal melodramma più frivolo a un cinema controverso e particolarmente disturbante, almeno in un paio di scene (motivo per il quale “Maîtresse” fu inizialmente proibito in Gran Bretagna).
Olivier (un inappuntabile Gérard Depardieu), appena arrivato a Parigi, viene convinto dall’amico Mario a vendere libri porta a porta: un lavoro per nulla facile, anche quando l’occasione fa l’uomo ladro e i due si ritrovano in un appartamento vuoto, con l’intenzione di svaligiarlo. Tuttavia la proprietaria di quella casa (Ariane, una bravissima Bulle Ogier) non tarda a coglierli in flagrante, una situazione che diventa completamente ambigua quando Olivier e Mario vengono costretti dalla signora a osservare le sue pratiche sadomaso. Tra la donna e il giovane protagonista scatta persino una scintilla, destinata a trasformarsi in una relazione tanto divertente quanto burrascosa, giusto per farci capire che in tutte le coppie c’è sempre una vittima e un carnefice.
Quella messa in scena da Barbet Schroeder è una storia che appassiona, complice una scrittura molto fluida ricca di dialoghi leggeri: puro e riuscito intrattenimento, se non fosse per tutte le sequenze legate al mondo BDSM, nelle quali il regista si è avvalso di veri appassionati di fetish e dintorni. Durante queste immagini al limite del documentaristico, il film cambia decisamente registro, proponendoci un variopinto campionario di dominazioni e sottomissioni, una in particolare davvero crudele (quella in cui Ariane inchioda il pene di un signore su una tavoletta!). “Maîtresse” ci permette così di scoprire anche i vizi e le perversioni di una borghesia ricca e annoiata, tra feticismo, voyeurismo e quella ricerca masochistica del piacere attraverso il dolore. Oltre a questo, forse è il caso di chiudere gli occhi anche nella scena del mattatoio, quando a rimetterci le penne è un cavallo destinato alla macelleria, ennesimo motivo per il quale questa pellicola ha una doppia faccia, una da (finta) commedia sentimentale e un’altra assolutamente legata al cinema che seguiamo su questo blog.
“Maîtresse” è un dramma sfumato da un erotismo mai comunque pronunciato, un esperimento riuscito nel quale le pratiche sadomaso diventano una spietata metafora del rapporto di coppia (dove non c’è alcun accordo tra chi è schiavo e chi è padrone, con tutte le conseguenze del caso). Due attori in forma smagliante e una vicenda alquanto bizzarra fanno il resto, consegnandoci un’opera decisamente degna di visione, soprattutto se siete affascinati dal variegato sottomondo BDSM.
(Paolo Chemnitz)