di Joonas Neuvonen (Finlandia, 2010)
Se qualcuno vi nominasse la cittadina finlandese di Rovaniemi, non sarebbe poi così difficile associarla alla Lapponia e al villaggio di Santa Claus, un celebre parco tematico meta di vacanze per molte famiglie con bambini al seguito. Solitamente si guarda sempre al bicchiere mezzo pieno e non al fatto di quanto sia difficile vivere all’altezza del Circolo Polare Artico, in un luogo gelido e isolato nel quale le giornate sono scandite dalla noia, dalla musica (per qualcuno), dall’alcol e dalla droga (purtroppo per molti giovani). Rovaniemi è stata anche la città in cui sono cresciuti i Beherit (pionieri del metal estremo finlandese), da loro definita in una vecchia intervista come una realtà molto pericolosa se si frequentavano i giri sbagliati. Altro che Babbo Natale, ce lo ricorda pure questo documentario originariamente intitolato “Reindeerspotting – Pako Joulumaasta”, diventato nel giro di pochi anni il più celebre doc finlandese di tutti i tempi.
Questa pellicola si basa sull’improvvisazione, Joonas Neuvonen non è mai stato un regista ma questa sua passione genuina lo ha portato ben oltre le sue intenzioni: ecco perché alla fine, con tanto materiale a disposizione, egli si è messo al lavoro per ben cinque anni con il suo montatore di fiducia, completando un prodotto ben più vero e sincero di tanti altri. La telecamera di Joonas segue la quotidianità di Jani, un suo amico tossico neppure ventenne spesso con la siringa infilata nelle vene: bisogna mettersi a rubare per procurarsi i soldi necessari per comprare il Subutex, un farmaco capace di alleviare l’astinenza del protagonista. Poi, una volta lasciata Rovaniemi, i due si mettono in viaggio toccando vari paesi, dalla Svezia fino alla Danimarca (con tanto di esaltazione per il quartiere di Christiania a Copenhagen), dalla Francia fino all’Italia. Fuggire dalla Finlandia non significa però lasciarsi alle spalle questa tragica dipendenza, perché quando il male alberga dentro di noi, ce lo portiamo ovunque come una zavorra.
“Reindeerspotting” è un documentario grezzo, in cui possiamo toccare con mano ogni singola emozione: l’euforia, la delusione, l’assenza di affetti (la famiglia è inesistente) e la voglia di sognare, l’esistenza di Jani è ridotta a un piccolo ventaglio di soluzioni da cui sembra impossibile venir fuori. Non a caso il ragazzo si è ammazzato pochi anni dopo, suicidandosi durante un viaggio in Cambogia. Ci piace ricordare quest’opera proprio per ciò che riesce a trasmetterci, poiché pur citando “Trainspotting” (1996) nel titolo, qui finiamo completamente agli antipodi, in un mondo dannatamente reale, privo di qualunque orpello aggiunto per creare spettacolo.
Quello di Joonas Neuvonen si rivela dunque un doc talmente semplice da diventare terribilmente credibile, anche perché girato senza alcuna consapevolezza riguardo il futuro utilizzo delle immagini. Tanta amarezza e nessuna redenzione, vale più un piccolo lavoro come questo che tanti inutili spot televisivi contro la droga.
(Paolo Chemnitz)
Non ne avevo mai sentito parlare. Mi interessa molto adesso. Grazie mille per l’informazione!
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