di Janez Burger (Slovenia/Croazia, 2017)
Al di là del nostro confine nord-orientale c’è un cinema tutto da scoprire, quello sloveno. Se alcuni anni fa abbiamo assaporato l’esordio di Rok Bicek (il suo “Class Enemy” arrivò persino nelle sale italiane), oggi puntiamo lo sguardo sul talentuoso Janez Burger, un regista più esperto che ci interessa molto da vicino: “Ivan” è infatti un durissimo film drammatico (travestito da thriller) che merita davvero attenzione, anche solo per la splendida interpretazione di Marusa Majer, l’attrice protagonista qui nei panni di Mara.
Le prime immagini sono quelle di un parto, ripreso senza censure: è appena nato un bambino, Mara è diventata mamma. Quel figlio appartiene anche a Rok, un losco uomo d’affari sposato con un’altra donna e appena uscito dal carcere. Quello che accade da lì a poco ha però dell’incredibile: una volta a casa, Mara viene raggiunta da due individui e picchiata a sangue, una spedizione punitiva affinché lei non riconosca Rok come padre legittimo del bambino. In realtà questo ricco e ambiguo signore sembra ancora innamorato della protagonista, motivo per il quale per la coppia ha inizio una fuga notturna dalla Slovenia all’Italia, dove i due sognano di rifarsi una vita insieme al piccolo Ivan. Tuttavia i colpi di scena non finiscono qui, al di là di qualche leggero ma perdonabile scricchiolio nella sceneggiatura.
In soli novanta minuti Janez Burger condensa uno script in apparenza ingarbugliato, saltando dal dramma familiare al thriller in maniera molto naturale: anche quando il film diventa praticamente un road movie, non c’è solo il destino del bambino a tenere banco, perché Rok e Mara devono ancora affrontare un rapporto controverso e indefinito, mentre qualcuno sta tramando contro di loro. Un vivace montaggio studiato ad hoc e una fotografia alquanto cupa ci fanno calare nel profondo di questa avventura, “Ivan” infatti è una pellicola che ti prende per il collo e non ti molla più, non a caso da un istante all’altro temiamo che possa accadere qualcosa di terribile per la donna o per il suo neonato.
Quella del regista sloveno è una riflessione amara sul mondo che attende i bambini, costretti a crescere spesso nella violenza o nel cinico egoismo dei loro genitori: “Ivan” è la vittima sacrificale di un gioco perverso in cui ricatti, soldi e tradimenti la fanno da padrona, nonostante quel finale beffardo provi a chiudere una trama per certi versi circolare (Slovenia, poi Italia, infine ritorno in Slovenia). Non mancano neppure delle interessanti considerazioni sulla fiducia e sull’amore, sentimenti che Janez Burger lascia cadere nel vuoto, in attesa che qualcuno riesca a dargli un significato (difficile fare affidamento sul prossimo in una pellicola dove non c’è mai pace per Mara). “Ivan” si rivela quindi un dramma feroce, un film dove l’istinto prevale sempre sulla ragione, la spietata istantanea di una realtà in cui bisogna sfruttare ogni occasione, anche a costo di far male a chi ci sta vicino. Una sorpresa molto gradita.
(Paolo Chemnitz)
L’ha ripubblicato su l'eta' della innocenza.
"Mi piace""Mi piace"