Mamma Roma

mamma romadi Pier Paolo Pasolini (Italia, 1962)

Un anno dopo il folgorante esordio di “Accattone” (1961), Pier Paolo Pasolini continua a muoversi nella periferia romana con un’altra pellicola dai toni amari e drammatici, un film stavolta ispirato a un episodio di cronaca realmente accaduto (la morte di un giovane detenuto nel carcere di Regina Coeli). Da questo spunto nasce “Mamma Roma”, un’opera che condivide molti aspetti con il precedente “Accattone”, pur distanziandosi da esso per alcune importanti peculiarità: una di queste è la presenza di Anna Magnani nel ruolo della protagonista (la sua è un’interpretazione energica, sguaiata, a tratti innaturale), un valore aggiunto capace di spostare non di poco gli equilibri stessi del lavoro.
Mamma Roma è una prostituta decisa a cambiare vita: l’occasione si presenta quando il suo protettore Carmine (Franco Citti) convola a nozze, liberandola così da ogni legame di possesso. La donna ha un figlio (Ettore) ignaro della sua professione, un ragazzo piuttosto schivo per il quale la mamma prova un grande amore materno. Un carattere mai domo, un grande temperamento e una forza inesauribile fanno della protagonista un motore a pieno regime, perché nel cuore di lei c’è soltanto un desiderio, quello di migliorare la propria condizione sociale garantendo un futuro al giovane figliolo.
Rispetto ad “Accattone” (dove il destino è praticamente segnato in partenza), in “Mamma Roma” la tematica della redenzione è invece fondamentale, anche perché un ipotetico riscatto dal sottoproletariato potrebbe implicare l’ingresso e l’assimilazione in un mondo piccolo-borghese con maggiori sicurezze. Questo lo notiamo fin da subito, attraverso il trasferimento nella nuova casa (un celebre palazzo situato nel quartiere di Casal Bertone) o nelle manovre della donna per fare in modo che il figlio frequenti le giuste compagnie. Il panorama nel quale prendono vita gli eventi è come al solito suggestivo, soprattutto quando vediamo alcuni personaggi muoversi tra i resti archeologici e i prati della campagna romana, sempre più inglobata tra i nuovi palazzoni in costruzione. Un paesaggio in continua trasformazione di cui Pasolini era un grande osservatore.
Per gli amanti della pittura rinascimentale, “Mamma Roma” è un’opera ricca di richiami artistici: il Cristo Morto del Mantegna viene citato nella sequenza più drammatica del film, un parallelo che si incastona alla perfezione con l’intento principale del regista, ovvero quello di far salire il nostro sguardo partendo dai piedi fino a raggiungere il centro dell’immagine, una prospettiva che ci conduce dritta agli occhi sperduti della vittima sacrificale. “Mamma Roma” dunque completa e allarga gli orizzonti popolari già toccati da “Accattone”, costituendo insieme a esso un binomio fondamentale per comprendere la sensibilità cinematografica del regista durante gli anni del boom economico italiano.

4,5

(Paolo Chemnitz)

mamma_roma

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