Fingered

fingereddi Richard Kern (Stati Uniti, 1986)

“Fingered” rappresenta l’apice estremo e concettuale di Richard Kern, la comunione perversa e assoluta del binomio sex & violence. Ventitre minuti di totale provocazione, di meravigliosa e libera anarchia, di puro oltraggio al politicamente corretto. Il valore aggiunto è anche dato dal fatto che ci troviamo nel cuore degli 80s e non nel decennio precedente, quando invece la deriva exploitation era ben radicata nella controcultura americana. Questi sono gli anni di Ronald Reagan, di un pensiero uniformato e patinato, un periodo complesso per chiunque volesse rifiutare le regole imposte dalla società. Ecco perché per Richard Kern diventa quasi naturale il passaggio dal cinema no wave a quello della trasgressione, un vero e proprio movimento fondato dal collega Nick Zedd con base a New York.
This film is an EXERCISE in the CAPITALIZATION of an EXPLOITATION that some may find unnecessarily VIOLENT, SEXIST, and DISGUSTING”, è già tutto scritto a chiare lettere sulla locandina e non serve ripeterlo, nonostante gran parte delle prime proiezioni negli States o all’estero venivano puntualmente contestate o addirittura sospese. Ma Kern se ne fotte di qualunque cosa e ci catapulta nella più squallida realtà quotidiana, attraverso una coppia di personaggi alquanto sgradevoli: Lydia Lunch (una perfetta antidiva dal fascino oscuro) è una prostituta che incontra un individuo (Marty Nation) con il quale è appena stata al telefono. Dopo un focoso amplesso ai limiti del pornografico, i due sbandati si mettono in viaggio in automobile senza una meta ben precisa, giusto il tempo di ferire un uomo a una gamba e di accanirsi contro una ragazza reduce da uno stupro.
“Fingered” è uno shock che non guarda in faccia nessuno, un pugno nello stomaco che mette da parte qualsiasi morale per sbatterci in maniera esplicita l’orrore nella sua più grezza accezione del termine. Ogni immagine genera repulsione, così come i dialoghi, sboccati, cinici e altamente deviati, un approccio che si ritorce persino contro gli stessi protagonisti, vittime (in)consapevoli di una brutalità strisciante (geniale la scena della pistola, da leggere anche con un significato simbolico).
La misoginia presente in questo cortometraggio è la rappresentazione più sincera di una società tutt’altro che idilliaca, nella quale ogni individuo diventa vittima di un altro individuo, praticamente una catena impossibile da spezzare. Questa è la vittoria di Kern, una verità scomoda ma altrettanto necessaria per comprendere le viscere più malate dell’underground newyorkese e della collettività tutta. Uno short che vale cinque stelle, non potrebbe essere altrimenti.

5

(Paolo Chemnitz)

fingered1

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...