di Aldo Lado (Italia/Francia, 1972)
La prima cosa che resta ben impressa di questa pellicola è la nenia ossessiva cantata dai bambini, un coro di voci bianche che viene riproposto più volte durante le scene del film: l’artefice di questo ansiogeno score è un certo Ennio Morricone, qui alle prese con una delle sue colonne sonore più sottovalutate di sempre. Al resto ci pensa invece Aldo Lado, attraverso un discreto giallo di ambientazione veneziana che anticipa di un anno il celebre “Don’t Look Now” (1973) di Nicolas Roeg. Non il miglior Lado del periodo, sia chiaro, al di là delle affascinanti suggestioni lagunari sfruttate dal regista in maniera impeccabile.
In una località della Francia, una bambina dai capelli rossi viene uccisa da un serial killer in abiti femminili: la governante che era con lei, Ginevra Storelli, poco dopo si trasferisce a Venezia e il caso finisce in archivio. Passano quattro anni e nella città veneta la piccola Roberta Serpieri (interpretata da Nicoletta Elmi) – un’altra bimba simile alla succitata vittima – subisce lo stesso destino, analogie su analogie che possiamo rintracciare anche in un ulteriore delitto avvenuto pochi mesi prima. Chi sta ammazzando tutte queste fanciulle con i capelli rossi? Lo scultore Franco Serpieri (George Lazenby), sfiduciato dall’operato della polizia, comincia una personale indagine alla ricerca dell’assassino. I sospetti sono tanti, ma un epilogo che strizza l’occhio al cinema di Hitchcock ci permette di far quadrare una sceneggiatura non sempre inappuntabile.
“Chi L’Ha Vista Morire?” soffre di alcune incongruenze alquanto inverosimili per un prodotto incentrato sulla ricerca di uno psicopatico: la sequenza all’interno del cinema, ad esempio, ha un grande impatto atmosferico ma risulta oggettivamente incompatibile con la realtà, piccole sbavature che a tratti ci fanno perdere di vista l’essenza più angosciante dell’opera. Le premesse iniziali sono invece ottime, sia per l’ambigua presenza di Nicoletta Elmi (una bambina sicuramente più espressiva del padre) che per alcuni indizi che ci portano a pensare che qualcosa di terribile le stia per accadere. Per fortuna Aldo Lado conosce bene i luoghi di Venezia e la sua regia di livello ci permette di esplorare al meglio alcuni lati nascosti della città, come il Molino Stucky, una vecchia area industriale all’epoca abbandonata.
Tra gli altri attori, meritano una citazione Adolfo Celi e Alessandro Haber, un po’ di sale che viene sapientemente aggiunto a un cast altrimenti poco brillante. Dopo l’exploit del precedente “La Corta Notte Delle Bambole Di Vetro” (1971), il regista nato a Fiume ritorna con un thriller più canonico ma non per questo trascurabile, un film che mostra tutto il suo appeal grazie a una plumbea Venezia avvolta nel grigio. Lo script non lascia segni indelebili, ma “Chi L’Ha Vista Morire?” in questo caso ha altre carte da giocare, compresa quella ridondante colonna sonora che non uscirà mai più dalla vostra testa.
(Paolo Chemnitz)