Quien A Hierro Mata

occhio per occhiodi Paco Plaza (Spagna, 2019)

Dopo la poco esaltante esperienza sovrannaturale di “Verónica” (2017), Paco Plaza torna in grande stile direttamente su Netflix con un thriller davvero crudele. Nulla di cui stupirsi, considerando che da molti anni in questo genere di film gli spagnoli stanno tirando fuori prodotti di alto valore. Come se non bastasse, la ciliegina sulla torta è rappresentata dalla presenza del sempre ottimo Luis Tosar nel ruolo di Mario, un infermiere dal passato tormentato. Nella recensione abbiamo deciso di mantenere la denominazione originale della pellicola, poiché il titolo italiano “Occhio Per Occhio” si rivela fin troppo banale e didascalico.
La storia si svolge in un paese della Galizia, nel nord-ovest dello stato iberico: quando Antonio Padín, un potente boss del narcotraffico, esce dal carcere ormai vecchio e ammalato, l’unica soluzione è quella di fargli concludere l’esistenza dentro una casa di riposo. Proprio in questa struttura lavora Mario, un uomo che alcuni anni prima aveva incrociato la strada di Antonio per via di un fratello tossicodipendente e di una dolorosa tragedia legata al mondo della droga. Il rapporto controverso tra questa coppia di personaggi si tramuta così in una lenta e atroce vendetta da parte dell’infermiere, ma il destino del protagonista deve anche fare i conti con i due figli del vecchio boss, nel frattempo nei guai per aver preso in mano le sorti del loro losco business familiare. Percorsi che si incrociano di continuo e che si frantumano definitivamente in un finale spietato come non si vedeva da tempo.
“Quien A Hierro Mata” ha il pregio di essere un prodotto commerciale ma non per questo stereotipato, pur contemplando delle tematiche molto sfruttate come quella della vendetta all’interno del mondo della criminalità: se da un lato la figura dei due figli non lascia grandi ricordi, bisogna rimarcare la notevole caratterizzazione di Mario e Antonio, una coppia di individui che il regista mette praticamente sullo stesso piano, perché in questo film sono tutti destinati a perdere qualcosa o qualcuno. Il sadismo latente è una delle peculiarità della pellicola, una serie di orrori che spesso vengono compiuti a mente lucida, quando viene messo in moto il più crudele e infimo dei piani. Siamo dunque davanti a un dramma veramente cattivo, dove la sofferenza fisica di Antonio fa quasi più male della violenza brutale che suo figlio Kike è costretto a subire una volta in prigione (la scena della merda è abbastanza disgustosa).
Paco Plaza dimostra di essere a suo agio con questo cinema diretto e asciutto, un approccio tagliato con l’accetta capace di incollarci allo schermo per oltre cento minuti. Tutto ciò al di là di qualche inevitabile forzatura nello script e di alcuni inutili flashback buttati nella mischia in maniera avventata, piccoli difetti che inficiano solo marginalmente sul risultato complessivo. Un thriller duro ma anche sorprendente.

3,5

(Paolo Chemnitz)

quien a hierro mata

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