Macabro

macabrodi Lamberto Bava (Italia, 1980)

Tra il 1977 e il 1980 prende forma l’inevitabile passaggio di consegne tra Mario Bava e Lamberto Bava: il figlio, pur se non accreditato, fa il suo esordio dietro la macchina da presa girando alcune sequenze di “Schock” (l’ultimo film del compianto regista ligure), per poi debuttare ufficialmente con “Macabro”, un horror che esce nelle sale italiane quasi in contemporanea con la scomparsa di Mario Bava. Ancora prima inoltre, il giovane Lamberto si era fatto le ossa seguendo ovunque il padre sul set, oltre a collaborare come assistente alla regia per gente del calibro di Dario Argento e Ruggero Deodato. La grande occasione non si fa dunque attendere ed è Pupi Avati a offrire a Bava Jr la possibilità di fare il salto definitivo, convocandolo nel suo ufficio per metterlo finalmente alla prova.
Il soggetto di “Macabro” prende ispirazione da un episodio di cronaca avvenuto a New Orleans (non a caso gli esterni del film sono girati proprio qui), dove nel frigorifero di una signora era stata rinvenuta la testa mozzata del marito. L’opera perciò si sviluppa attraverso l’ossessione morbosa che la protagonista Jane Baker (Bernice Stegers) prova nei confronti del suo defunto amante, morto in seguito a un terribile incidente stradale. Accanto a questo amore malato in salsa necrofila (curiosamente “Buio Omega” uscì solo pochi mesi prima), si muovono almeno un paio di personaggi non meno importanti: il cieco che vive nella casa con Jane e soprattutto la giovane figlia della donna, una ragazzina fuori di testa (come la madre) che nel giro di qualche minuto ammazza il fratellino più piccolo affogandolo nella vasca da bagno! Un bel quadretto rassicurante, capace di flirtare sia con il thriller psicologico che con l’horror più cupo, senza dimenticare quel finale (indimenticabile ma obiettivamente esagerato) in cui prende vita persino un’inaspettata deriva sovrannaturale.
La mano dei fratelli Avati si sente eccome: Antonio e Pupi scrivono con Roberto Gandus e Lamberto Bava la sceneggiatura, dalla quale emerge con prepotenza una certa lentezza narrativa che scivola via in maniera comunque indolore, perché in “Macabro” sono le atmosfere malsane a prevalere su qualunque altra cosa. Inoltre l’idea di una storia incentrata sul legame tra i vivi e i morti è tipicamente avatiana, un valore aggiunto che trova nella scarna ma efficace regia di Bava un fedele alleato. La pellicola non ha infatti bisogno di molti ingredienti, bastano pochi dialoghi, qualche scena forte e una manciata di discreti attori per modellare un classico del cinema di genere italiano dei primissimi anni ottanta.
Meno interessante è lo score musicale (il sax alla lunga diventa sfiancante), ma in questo caso si tratta di voler cercare il pelo nell’uovo, poiché “Macabro” ancora oggi, a distanza di ormai quarant’anni, è un lavoro tra i più amati di Lamberto Bava. Cultissimo.

4

(Paolo Chemnitz)

macabro1

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2 thoughts on “Macabro

  1. L’ho appena visto e l’ho trovato lento,senza ritmo,abbastanza inconsistente. Io resto del parere che Lamberto nulla avesse del talento sconfinato di papà mario,del suo genio infinito ed inconsapevole, ma sia stato essenzialmente un grande innamorato del cinema di genere e in quell’ambito abbia operato ,con solido professionismo e artigianalità, riuscendo a volte,a realizzare dei buoni ed ottimi film,su tutti demoni. Onesto artigiano, persona umile e di grande affabilità. Nient’altro.

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