Carne

carnedi Gaspar Noé (Francia, 1991)

Anche se “Carne” è il terzo cortometraggio di Gaspar Noé, la carriera di questo controverso regista franco-argentino inizia praticamente da qui, con un premio della critica a Cannes nel 1991 e con le basi concettuali di quello che nel 1998 sarà il suo primo lungometraggio, il memorabile e annichilente “I Stand Alone”. Ci sono comunque voluti moltissimi anni per raccogliere i fondi destinati alla realizzazione del film, non è un caso quindi che tra il prototipo originario e il sequel del 1998 intercorra così tanto tempo.
Risaliamo la corrente e torniamo doverosamente al principio del male, quando un macellaio parigino senza nome viene abbandonato dalla compagna subito dopo la nascita della piccola Cynthia, una bambina che cresce con dei problemi mentali sotto l’ala protettrice del padre (in un rapporto morboso oltre che incestuoso). Dopo aver pugnalato un giovane arabo colpevole secondo lui di avergli stuprato la figlia, il protagonista finisce in carcere mentre la ragazzina viene affidata a una casa di cura: scarcerato e ormai fuori controllo, il macellaio stavolta mette in cinta la proprietaria di un bar (“ogni mattino è lo stesso, la stessa vita, gli stessi sfigati, lo stesso caffè, la stessa grassona. Un giorno finirò per scoparmela”), praticamente il preambolo in vista dell’opera successiva in cui la situazione sprofonda definitivamente.
tumblr_ldfhy2wjW31qc7oqso1_1280-945x532Questo corto/mediometraggio di circa quaranta minuti ci permette di assaporare tutte le prerogative più importanti del cinema di Noé, sia a livello tematico (un nichilismo trasversale) che a livello estetico (il montaggio serrato, la calda fotografia con la predominanza del rosso, le didascalie improvvise sullo schermo e molto altro). La telecamera segue un monumentale Philippe Nahon, il macellaio, attraverso la sua triste quotidianità, in un fuoco incrociato tra frustrazione (i lunghi monologhi con la voce fuoricampo) e rabbia improvvisa (basta un attimo per perdere tutto ciò che si possiede).
In “Carne” le scene shock non tardano a sopraggiungere: il cavallo che muore dissanguato nel mattatoio è un pugno nello stomaco, ma può dare fastidio anche la più naturale delle immagini, la sequenza di un parto ripreso senza censura alcuna. Dopotutto non c’è nulla da nascondere, la vita è questa e fa schifo. Gaspar Noé ci sbatte dunque in faccia il suo biglietto da visita, un breve ma efficace prodotto fondato sull’amarezza e la disillusione di un uomo qualunque che deve ancora affrontare il peggio. Se non avete visto “I Stand Alone”, concedetevi questa doppietta indispensabile partendo da qui, non ve ne pentirete.

4

(Paolo Chemnitz)

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