L’Ultimo Uomo Sulla Terra

l'ultimo uomo sulla terradi Ubaldo Ragona (Italia/Stati Uniti, 1964)

Se al posto dei vampiri (con tanto di aglio per scacciarli e paletti di legno per ucciderli!) ci fossero stati dei veri zombi affamati di carne umana, l’importanza storica di questo lungometraggio sarebbe stata enorme. “L’Ultimo Uomo Sulla Terra” (“The Last Man On Earth”) resta comunque una pellicola basilare per il cinema post-apocalittico degli anni sessanta, non a caso quattro anni dopo George A. Romero prenderà più di uno spunto da questo lavoro per dirigere il seminale “La Notte Dei Morti Viventi”. Romero però è entrato nella storia, Ubaldo Ragona no: tutto torna allora, inclusa la disputa su chi sia stato il vero artefice del film (alcune fonti attribuiscono la regia a Sidney Salkow), una mezza verità con un piede in Italia e l’altro in America, esattamente come la produzione.
Con un soggetto preso in prestito dal celebre romanzo di Richard Matheson “Io Sono Leggenda”, “L’Ultimo Uomo Sulla Terra” è il primo di una manciata di lavori ispirati al succitato libro: l’idea di un vampiro in un mondo di umani qui viene completamente ribaltata, in quanto ora c’è un solo uomo a dover affrontare un pianeta infestato dai vampiri (“you’re freaks! I’m a man! The last man”). Creature (non troppo dissimili dai futuri zombi romeriani) che si muovono solo di notte, cercando di penetrare all’interno dell’abitazione dell’unico sopravvissuto, il Dottor Robert Morgan (Vincent Price), uno scienziato impegnato a cercare un vaccino in grado di poter sconfiggere l’epidemia.
Quello di Ubaldo Ragona è un prodotto che cerca di mantenersi fedele al romanzo di Matheson, nonostante alcune sostanziali differenze: quella che salta subito all’occhio è l’ambientazione, un salto che dalla piccola città californiana del libro ci trasporta alla periferia di Roma, nel quartiere EUR. Le passeggiate diurne (chiamiamole così) di Robert Morgan mostrano infatti le asettiche architetture di questa affascinante area della capitale, lo sfondo perfetto per un orrore desolante e angosciante.
Al film non manca quasi nulla (i mezzi a disposizione sono persino limitati), peccato soltanto che alla splendida prima parte non corrisponda una seconda altrettanto potente, un calo fisiologico parzialmente riscattato da un finale tutto sommato convincente. Ma nel 1964 non possiamo certo attenderci sangue e spettacolo, la storia che attraversa “L’Ultimo Uomo Sulla Terra” si piega infatti a un disegno narrativo piuttosto elaborato che predilige gli aspetti concettuali al puro intrattenimento. Un cult mancato? No, perché di cult si tratta e non ci sono dubbi al riguardo, solo che Romero è stato più scaltro e lungimirante nel suo fantasioso e libero adattamento, modernizzando e affinando un linguaggio apocalittico qui a buon regime ma ancora privo di quel cambio di passo che vedremo esplodere pochi anni dopo. Al di là di tutto, una visione indispensabile.

4

(Paolo Chemnitz)

l'ultimo uomo sulla_terra

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