di Karin Engman e Klas Persson (Svezia, 2018)
Nella mitologia norrena, il draug (oppure draugr) è una creatura sovrannaturale che cammina dopo la morte, un essere dotato di poteri magici e dalla forza sovraumana che vive nelle tombe dei vichinghi. Un tempo si credeva che il draug potesse manifestarsi presso i viventi durante la notte, un evento orribile che spesso coincideva con qualcosa di infausto. Dopo esperienze di vario tipo con i troll e i nøkken, il cinema scandinavo (questa volta di sponda svedese) propone un’altra deriva folkloristica stavolta di matrice horror-avventurosa. Un viaggio nei boschi più oscuri della penisola, girato però con pochi soldi e con poca convinzione.
Undicesimo secolo: quando un missionario scompare nella foresta, viene organizzata una squadra di soccorsi per cercare di ritrovarlo. Ad alcuni soldati scelti per la spedizione si unisce Nanna, giovane ragazza rimasta orfana e cresciuta da un padre adottivo anch’egli nel gruppo. Una volta entrati nella fitta vegetazione a nord, i protagonisti si ritrovano ad affrontare una serie di insidie e di spaventose presenze.
La coppia di registi formata da Karin Engman e Klas Persson (quest’ultimo anche sceneggiatore) – entrambi reduci da una serie televisiva svedese dedicata agli zombi (“The Great Dying”) – qui realizza un’opera spartana che può contare soltanto su due aspetti positivi: una bella ambientazione boschiva sfruttata abbastanza bene e una ricostruzione storica piuttosto accurata, sia nei costumi che nella realtà sociale e antropologica del periodo. Con l’elemento horror centellinato con parsimonia ma realizzato con una CGI alquanto discutibile (terribili alcune sequenze conclusive, manco fossero uscite fuori da un videogame), ciò che resta sul piatto è un modesto film di avventura dove si incontrano streghe, si combattono nemici con la spada o ci si imbatte in queste inquietanti creature mitologiche.
In “Draug” i vari personaggi passano in secondo piano, penalizzati da una recitazione non all’altezza. Inoltre, tutto il comparto tecnico (soprattutto il montaggio) lascia alquanto a desiderare, mancanze su mancanze che si sommano a quelle di un plot che gira a vuoto senza affondare mai il coltello, l’esito prevedibile di una storia apatica quasi impossibile da rianimare. Nonostante di recente la serie televisiva “Vikings” abbia aperto la strada a un certo tipo di immaginario pagano fatto di battaglie e di conquiste, questo prodotto svedese devia nettamente sull’horror fallendo i suoi obiettivi per mancanza di esperienza e di mezzi a disposizione. Le attenuanti ci sono perché si tratta di un film indipendente, l’avventura di Nanna però è di quelle che si dimenticano presto.
(Paolo Chemnitz)
Peccato, poteva essere una storia affascinante con dei mostri poco sfruttati. Peccato veramente.
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