di Andrea Marfori (Italia, 1988)
“Il Bosco 1” è un rituale più che una semplice visione, un passaggio iniziatico fondamentale per superare la linea di demarcazione tra cinema horror e parodia inconsapevole del suddetto. Perché se il trash incontra l’assurdo e il surreale, la deflagrazione che ne consegue è micidiale, come un cocktail che ti stende al primo sorso. Qui non si tratta di rifare all’italiana i primi due classici di Sam Raimi (con tanto di steadycam e boschi infestati da strane creature), l’idea di Andrea Marfori si apre infatti a un rapporto di coppia che gira attorno alle disavventure di due protagonisti che da soli valgono il prezzo del biglietto, Cindy e Tony. Lei un mito a prescindere, lui vestito di merda. Loro sono meglio dei mostri, loro sono proprio tutto, l’essenza di un film che sarebbe diventato un cult anche se fosse stato un palloso melodramma in onda su qualche canale televisivo locale.
Cosa diamine avrà pensato Coralina Cataldi-Tassoni (all’epoca nell’orbita di Dario Argento) ascoltando la sua voce doppiata con un allucinante accento italo-americano? A una nuova puntata di Stanlio e Ollio? Forse, perché ogni volta che da quella bocca esce una parola, si ride a crepapelle. Diventa quindi superflua la versione originale in inglese o l’edizione targata Troma intitolata per l’occasione “Evil Clutch”, “Il Bosco 1” va visto rigorosamente in italiano e non ci sono cazzi.
Il plot è risaputo, un giretto sulle Alpi finisce malissimo, dopotutto un tempo da quelle parti i Cimbri praticavano dei rituali occulti, sfighe e suggestioni che prendono forma nel presente puntando il dito sui due poveri malcapitati. A raccontarci queste simpatiche leggende c’è uno scrittore di libri horror, un tipetto inquietante che solo a vederlo mette paura. In realtà non siamo davanti al matto del villaggio, perché nel giro di pochi minuti si materializza il peggio: demoni/zombi, una strega e il resto è mancia, per un totale complessivo di cinque attori che si scambiano allegramente disagi e possessioni, per non parlare di alcune armi segrete molto pericolose che all’occasione vengono tirate fuori per aumentare la componente folkloristica dell’opera (l’artiglio vaginale vince a mani basse).
Ci si chiede il motivo di quella fotografia bluastra degna del peggior videoclip degli anni ottanta, ma i misteri che avvolgono “Il Bosco 1” sono tanti, a cominciare proprio da quel numero posto molto coraggiosamente nel titolo italiano del film. In effetti meglio mettere subito le mani avanti, sognando un ipotetico sequel ambientato chissà dove. Niente da fare purtroppo, però nella nostra testa questo trekking alpino, visione dopo visione, ci perseguita anche dopo tantissimi anni (bisogna ammettere che la pellicola di Marfori è perfetta per una serata in compagnia, è il classico lavoro che mette tutti d’accordo davanti a birra e patatine). “Il Bosco 1” è splatter, è audace, è senza senso, è una porcata colossale eppure gli vogliamo bene come se avessimo raccolto per strada un povero cane bastonato. Cindy e Tony über Alles, che gli altri si fottano.
(Paolo Chemnitz)