di Nicolas Roeg (Gran Bretagna/Italia, 1973)
Subito dopo l’inarrivabile capolavoro di Luchino Visconti “Morte A Venezia” del 1971, il fascino crepuscolare e malinconico della città lagunare trova altri due vertici importanti tra il 1972 e il 1973, prima con Aldo Lado (“Chi L’Ha Vista Morire?”) e poi con Nicolas Roeg, con “Don’t Look Now” (questo il titolo originale) artefice di un classico del cinema thriller/horror di quel periodo. Un film tecnicamente innovativo, amato e detestato allo stesso tempo sia all’epoca che ancora oggi per una lunga serie di motivi.
John Baxter (Donald Sutherland) e sua moglie Laura (Julie Christie) si recano a Venezia alcuni mesi dopo la tragica scomparsa della figlia Christine, annegata nello stagno della loro villa. Un evento infausto misteriosamente previsto dal padre pochi minuti prima che accadesse. L’incontro tra Laura e due anziane sensitive (di cui una non vedente) rimette in discussione il rapporto tra i coniugi, in quanto la donna viene rassicurata da entrambe che la piccola Christine si trova ancora accanto ai suoi genitori. John invece è scettico e non crede a questi racconti, impedendo alla consorte di incontrarsi nuovamente con le due signore (Laura però non lo asseconda). Nel frattempo Venezia è sconvolta da una serie di omicidi, una catena di strani accadimenti nei quali resta invischiato proprio John, protagonista suo malgrado di un finale mozzafiato, un epilogo entrato di diritto nella storia del cinema horror.
Con una sceneggiatura sviluppatasi attorno a un racconto di Daphne Du Maurier, “A Venezia… Un Dicembre Rosso Shocking” è un film che prende le distanze da tanti altri prodotti simili (soprattutto di italica provenienza) realizzati nel periodo. Fin dallo strabiliante incipit, il montaggio riveste il ruolo di elemento perturbante, alternandosi con violenza tra il presente e il divenire, binari paralleli che incarnano l’essenza stessa della pellicola schiacciando i personaggi all’interno di un riflesso continuo di sguardi e visioni da incubo. Il regista britannico muove le pedine in gioco attraverso questi poco rassicuranti spostamenti temporali: la preveggenza come salto nel buio o come inquietante attesa prima della sciagura, idee successivamente riprese da tanti altri registi (pensiamo ai labirinti circolari di Lynch visti in “Strade Perdute”).
I detrattori dell’opera hanno spesso puntato il dito su due fattori in particolare: il primo riguarda una scena di sesso molto focosa tra John e Laura, a nostro avviso eccessivamente slegata dal contesto generale (in tal caso possiamo avallare questi giudizi non proprio generosi). In secondo luogo, c’è chi ritiene “Don’t Look Now” un prodotto lento e dallo script zoppicante, un’accusa stavolta ingiusta in quanto Roeg nella seconda parte del film dilata volutamente i tempi narrativi per far spazio all’orrore metafisico e spettrale che si sta abbattendo tra le calli di Venezia. Non parliamo certo di una pellicola di facile presa, ma bisogna accostarsi ad essa aspettando che tutte le tessere del mosaico si posizionino nel modo giusto, un puzzle che ovviamente si completa seguendo un percorso illogico e anticonvenzionale. La genialità di Roeg si esalta proprio attraverso questo approccio, dove la parapsicologia non è altro che l’ennesima arma spietata del destino. Esemplare.
(Paolo Chemnitz)
bellissimo film, prima o poi devo guardarlo xD
è descritto nella mia guida al cinema horror e citato in una bella commedia 🙂
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