Chopper

chopperdi Andrew Dominik (Australia, 2000)

Durante la seconda metà dello scorso secolo, Mark Brandon Read (detto Chopper) è stato il criminale più temuto in Australia, un individuo pericoloso e mentalmente instabile fin da ragazzino: dopo un’infanzia disagiata e violenta, Mark divenne infatti il leader di una gang, spingendosi col tempo ben oltre le sue intenzioni. Era solito rapire membri di altre bande, per poi estorcere loro del denaro attraverso atroci torture (che implicavano persino l’amputazione delle dita delle mani o dei piedi). Tutto questo a soli sedici anni di età! Una volta in carcere, questo controverso personaggio iniziò a scrivere una lunga autobiografia, la quale lo lanciò a sorpresa nel mondo della letteratura e dello spettacolo (i suoi romanzi hanno venduto la bellezza di mezzo milione di copie). Nonostante il rilascio e un successivo periodo di relativa tranquillità, Chopper morì nel 2013 a cinquantotto anni per una malattia al fegato.
Ancora prima di “Bronson” (2008), fu l’Australia a regalarci un film biografico dedicato alla figura di un sadico criminale: la differenza sta tutta nel periodo di realizzazione, perché se Nicolas Winding Refn avesse diretto il suo lavoro una decina di anni prima, “Bronson” avrebbe avuto molte più cose in comune con questo “Chopper”. Entrambe le pellicole non seguono una trama vera e propria, ma si soffermano su alcuni passaggi essenziali della vita di questi psicopatici, alternando scene di violenza estrema ad alcuni affondi di taglio persino umoristico. “Chopper” è di certo più livido e meno patinato, tuttavia non sfigura affatto se paragonato al suo illustre successore.
Il regista Andrew Dominik si avvale del bravo Eric Bana nel ruolo del trasandato e imbolsito protagonista, un individuo folle, carismatico e dissacrante, capace di incutere timore anche solo con una semplice battuta (“sono un tipo normalissimo con il vizio della tortura”). Le prime immagini ci portano dentro il carcere, in cui Chopper fa valere tutto il suo carattere dominante sul resto dei detenuti: il film non ci nasconde nulla, neppure alcune sequenze apparentemente gratuite nelle quali si ricorre al sadismo più becero, non a caso l’idea del regista è quella di delineare nel peggior modo possibile questo squilibrato senza scrupoli accusato di ben diciannove omicidi.
I dialoghi (fin troppo verbosi) a tratti sembrano virare sul pulp, il ritmo è abbastanza elevato e non ci si annoia mai, anche se tutte le vicende carcerarie dimostrano di possedere qualcosa in più rispetto al resto dell’opera. “Chopper” è dunque un biopic brutto (nel senso positivo del termine), sporco e cattivo, un film che si smarca dalla descrizione psicologica dell’egocentrico protagonista prendendosi qualche licenza narrativa tutto sommato credibile (per esempio la dipendenza dalla droga, un particolare che Chopper ha sempre smentito a cominciare da quanto scritto nel libro). Con un budget tutt’altro che elevato Andrew Dominik non poteva fare di meglio: cercatevi questo lavoro in lingua originale con i sottotitoli, il doppiaggio italiano (tanto per cambiare) non rende giustizia al prodotto.

3,5

(Paolo Chemnitz)

chopper1

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