di Roger Corman (Stati Uniti, 1970)
Nel 1970 il poliedrico Roger Corman spiazza un po’ tutti con quello che si può definire un vero e proprio gangster movie, un film girato con un linguaggio cinematografico tutt’altro che banale e ben lontano dagli stereotipi del genere di riferimento. “Il Clan Dei Barker” (molto meglio il titolo originale “Bloody Mama”) riesce infatti a coniugare in maniera abbastanza riuscita violenza e goliardia, tematiche controverse e persino satira, per un percorso avvincente teso a demitizzare la figura del gangster (prendendola sul serio fino a un certo punto).
La storia è ambientata durante la Grande Depressione, quella crisi economica e finanziaria che colpì gli Stati Uniti a cavallo tra gli anni venti e il decennio successivo: in quel periodo le rapine erano all’ordine del giorno e alcune famiglie si dedicavano completamente al crimine, come i Barker ad esempio (esistiti realmente), una madre e quattro figli dediti a ogni tipo di malaffare. L’ispiratissima Shelley Winters è Kate, una matriarca mentalmente instabile che controlla e istiga alla violenza i suoi ragazzi, tra cui un giovane Robert De Niro nei panni del tossico Lloyd Barker. Così tra droga, stupri, sequestri di persona e molto altro, questo nucleo familiare riesce a sconvolgere un’intera comunità, prima della resa dei conti finale in cui la ruota comincia a girare dalla parte sbagliata.
Anche se “Il Clan Dei Barker” è una pellicola dove non tutto viene esplicitato (ne risente in parte la deriva exploitation), la ferocia di questi individui si può toccare con mano già durante le fasi iniziali del film, quando lo sceriffo accusa i figli di Kate di aver abusato di una fanciulla. Ecco perché l’opera fu inizialmente censurata in Gran Bretagna (la scena dell’affogamento non è certo all’acqua di rose), per poi essere distribuita dopo alcuni mesi con dei vistosi tagli. Quello che però colpisce immediatamente è il rapporto incestuoso tra la matriarca e i suoi ragazzi, un complesso edipico irrisolto i cui toni morbosi sono comunque smorzati da una componente ironica presente per tutta la durata del film.
Lasciatosi alle spalle gli orrori gotici di un decennio ormai superato, Roger Corman entra nei 70s con la giusta spregiudicatezza post sessantottina, affrontando il tema della famiglia disfunzionale con tanto ritmo e un adeguato tocco di black humour. Di conseguenza il regista non approfondisce le dinamiche socio-culturali del periodo storico della Grande Depressione, preferendo invece indagare sulla follia generale in cui sguazzano questi personaggi indomiti e ribelli guidati da una straripante Bloody Mama. “Il Clan Dei Barker” è quindi un’opera che scorre rapidamente lasciando buoni ricordi e qualche piccolo rimpianto: con un budget superiore e con un sadismo più diretto e accentuato, questo lavoro sarebbe diventato un cult irrinunciabile.
(Paolo Chemnitz)