di Pupi Avati (Italia, 2019)
Pupi Avati è tornato sul luogo del delitto, nel ventre ancora caldo di un horror rurale che tanto ha dato nel suo illustre passato: storie e tradizioni indissolubilmente legate all’infanzia del regista emiliano, cresciuto in un dopoguerra oscurantista dominato dalla superstizione e dalla figura autoritaria del prete del paese, un individuo capace di incutere timore con una semplice omelia, un ponte per l’inferno che ha sempre suggestionato il giovane Avati. Sono nate così delle pietre miliari del gotico padano come “La Casa Dalle Finestre Che Ridono” (1976) e “Zeder” (1983), due autentici capolavori che ancora oggi riescono a farci scendere più di un brivido lungo la pelle.
“Il Signor Diavolo” prende ispirazione dall’omonimo romanzo scritto dal regista nel 2018: è il 1952 e Furio Momenté (Gabriel Lo Giudice), un funzionario ministeriale, viene mandato in Veneto per seguire (e insabbiare) un caso molto delicato. Un ragazzino di nome Carlo ha appena ammazzato un suo coetaneo (Emilio) credendolo il diavolo, un omicidio a quanto pare fomentato da una suora e dal sagrestano del posto. Bisogna dunque evitare che la Chiesa diventi parte attiva di questa vicenda, perché quella zona è un feudo della Democrazia Cristiana e perdere voti sarebbe uno smacco imperdonabile per il partito. Le indagini del protagonista giungono a una conclusione raccapricciante (in cui torna in mente persino il finale de “La Casa Dalle Finestre Che Ridono”), anche se “Il Signor Diavolo” paga un epilogo troppo affrettato nel quale non tutto viene doverosamente messo a fuoco.
Pupi Avati parte dal presupposto che il deforme, nella cultura contadina, viene visto come qualcosa di demoniaco: è questa la disgrazia che colpisce Emilio, più simile a un maiale che a un uomo (la sua dentatura è impressionante) e accusato di aver sbranato la sorellina nella culla. La partenza è notevole e sulle atmosfere macabre non c’è nulla da dire, la cornice è inquietante quanto basta e questo tuffo nella remota provincia italiana degli anni cinquanta è a dir poco affascinante. Sarebbe tuttavia controproducente confrontare l’opera in esame con i grandi titoli horror del regista, alla luce di uno script qui meno coinvolgente soprattutto per il modo in cui si sviluppa la narrazione, spalmata su diversi piani temporali (una prima parte dove prevalgono i flashback e una seconda che si focalizza soprattutto sul presente in cui si muove Furio).
Quando “Il Signor Diavolo” entra nel vivo con le indagini, il giro di boa è stato ormai compiuto ma abbiamo soltanto assaporato la componente morbosa tipica di queste pellicole. Ruotiamo attorno agli orrori di questa comunità, in attesa di penetrare giù nelle viscere più nere di questo borgo, un passaggio in cui non tutti i meccanismi sono oleati alla perfezione. La colpa è da ricercare nei tanti personaggi buttati nella mischia, nei dialoghi non eccelsi (impregnati di una certa formalità da fiction televisiva) e in una deriva sovrannaturale tanto abbozzata quanto superflua. Un peccato, perché con una minore dispersività Pupi Avati avrebbe potuto centrare il bersaglio in piena scioltezza. Meritano comunque un elogio Ivan Zuccon (ottimo il suo montaggio) e Sergio Stivaletti, quest’ultimo impeccabile agli effetti speciali, due elementi di una squadra che ha lavorato bene accanto al regista, trascinando il film anche nei momenti più criptici e contorti oltre i suoi meriti reali: perché se è vero che il rischio di andare in confusione è costantemente in agguato, è importante rimarcare la buona confezione generale dell’opera, novanta minuti tutto sommato godibili che riaprono finalmente le porte agli orrori rurali del nostro paese (una strada già ripercorsa in tempi recenti dal bravo Lorenzo Bianchini), un cinema che si smarca dai soliti modelli preconfezionati d’oltreoceano per riscoprire i segreti più torbidi della campagna italiana. Dove sacro e profano generano mostri, questa volta tra luci e qualche inevitabile ombra.
(Paolo Chemnitz)
Quando riesco corro a vederlo al cinema. Comunque è stato un periodo interessante. Fa piacere vedere registi e produttori tentare di fare un cinema diverso e di osare con progetti rischiosi. Anche se con difetti, Il Signor Diavolo sembra un film molto interessante e ben fatto.
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il 28 esce il mio commento al film
finalmente qualcuno che ne parla, mi è piaciuto molto, sono molto sensibile al paranormale e la fine l’ho trovata molto inquietante!
l’unica cosa, una sola sala al cinema, metà vuota, tutti cinquantenni. il mio commento uscirà dopodomani al posto del 4 settembre perke spero di portare qualcuno a vederlo
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