di Scott Spiegel (Stati Uniti, 1989)
Scott Spiegel è un amico di vecchia data di Sam Raimi, un connubio che si è riproposto con successo anche in ambito cinematografico, con Spiegel spesso impiegato come attore dal celebre regista americano fin dai tempi dei suoi primi cortometraggi. Nel 1989 però Raimi produce e Spiegel passa dietro la macchina da presa, dirigendo un esordio che gli appassionati del filone slasher ricorderanno sicuramente. Qui tuttavia c’è una differenza, perché rispetto ai tanti prodotti del genere in cui l’aspetto iconografico ha la sua importanza (le maschere cult dei vari assassini), “Intruder” nasconde le carte mostrando soltanto alla fine la fisicità del killer (motivo per il quale il titolo italiano è “Terrore Senza Volto”).
La storia è ambientata all’interno di un supermercato, dove in orario di chiusura restano soltanto i commessi e i proprietari: un uomo entra e molesta la sua ex ragazza (una delle cassiere) ma una volta allontanato via con le cattive per i protagonisti comincia il vero calvario, poiché proprio dentro quella struttura si muove un killer deciso a non lasciare scampo a nessuno.
Durante i primi quaranta minuti “Intruder” offre ben poco allo spettatore: dialoghi superficiali, attori poco grintosi e una location sfruttata solo in minima parte dal regista, bravo però a regalarci qualche stramba inquadratura degna del miglior Sam Raimi (e di chi altrimenti?). Lo stesso Raimi, insieme al fratello Ted e al mitico Bruce Campbell appaiono nel film in ruoli minori. Superato il giro di boa, “Intruder” ingrana la marcia più alta e finalmente inizia a deliziarci con una raffica di cruenti omicidi, alcuni dei quali ispirati alla migliore scuola horror di italica provenienza (da Lucio Fulci a Joe D’Amato). Uncini, presse, seghe circolari, quando l’azione si sposta nella macelleria lo splatter è assicurato (ottimi gli effetti del trio Kurtzman-Nicotero-Berger), un cambio di passo deciso che riesce a risollevare le sorti di un lavoro fino a quel momento anonimo e inconcludente.
Anche se lo script è molto semplice e le motivazioni che spingono l’assassino a uccidere (il trauma viene spiegato prima della resa dei conti) lasciano il tempo che trovano, “Intruder” ha il pregio di non prendersi mai troppo sul serio, lasciando spazio all’ironia e a un gusto per l’horror sicuramente citazionista ma altamente coinvolgente. In tutta sincerità parlare di cult è esagerato, dobbiamo però riconoscere a “Intruder” il pregio di sapersi distinguere all’interno del grande calderone degli slasher movies, considerando soprattutto la sua data di uscita, il 1989 e non il 1980. “I’m just crazy about this store”, niente di più vero.
(Paolo Chemnitz)
Per un attimo avevo pensato che tu stessi per parlare di Intruders di Fresnadillo ma poi mi sono accorto del titolo (senza s) e della locandina. Questo era un film che era riuscito a divertirmi nonostante tutti i difetti che ha ed effettivamente rispetto a molti slasher ha saputo differenziarsi.
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