di Ari Aster (Stati Uniti, 2019)
Un anno dopo il fin troppo strombazzato “Hereditary” (2018), atterra nelle sale il secondo lungometraggio di Ari Aster, un banco di prova importante per testare le sue effettive capacità. Il giovane regista newyorkese (classe 1986) questa volta convince maggiormente, grazie a una pellicola più sobria e più quadrata rispetto ai voli pindarici messi in scena nella precedente. Un passo in avanti che rende giustizia al personale approccio al genere horror di Aster, finalmente illuminato a dovere da un prelibato tocco d’autore ben lontano dai trend visti negli ultimi tempi.
Se in “Hereditary” prevale l’oscurità, “Midsommar” è la sua parte complementare, perché durante l’estate svedese il sole tramonta per pochissime ore al giorno. Un gruppo di amici parte dagli Stati Uniti proprio alla volta della Scandinavia, per partecipare a una sorta di viaggio antropologico: i ragazzi (tra cui è presente la giovane Dani, da poco sconvolta da un tragico lutto familiare) sono ospiti di un piccolo villaggio, una comunità rurale in procinto di dare il via a una serie di festeggiamenti legati alla tradizione pagana. L’ennesimo folk-horror sulla falsariga di “The Wicker Man”? Non esattamente, poiché queste dinamiche sono soltanto un pretesto per parlare di qualcosa di più intimo, soprattutto se ci riferiamo al rapporto ormai al capolinea tra Dani e il suo fidanzato Christian (un individuo vuoto e superficiale il cui nome non è stato scelto a caso), l’ossatura che tiene in piedi il film per ben due ore e ventisette minuti di durata.
Ari Aster delinea con attenzione i personaggi principali e ce li presenta attraverso un minuzioso approfondimento: i tempi narrativi sono dilatati e l’incipit drammatico diventa fondamentale per sondare la psicologia dei vari protagonisti (tra cui spicca un’ottima Florence Pugh). Non importa quindi se “Midsommar” ci mette tanto a carburare, perché senza questa lunga fase preparatoria il film sarebbe potuto diventare un classico polpettone horror da multisala. Capiamo che il regista è maturato anche grazie ad alcune sfiziose inquadrature, da quella dell’arrivo dei ragazzi (con la telecamera che si ribalta per avvisarci dell’imminente sovvertimento delle regole) fino alle carrellate che si muovono nel rigore geometrico della comunità (tra tavolate runiche e danze propiziatorie in cerchi concentrici).
Oltre a una maniacale cura per i costumi (Aster ha fatto numerose ricerche prima di cimentarsi nell’opera), l’elemento pagano preponderante è quello legato al ciclo delle stagioni e della vita stessa, divisa in quattro fasi di diciotto anni ciascuna: la scena del suicidio rituale (folle e decisamente disturbante) non solo rappresenta quello scossone capace di far cambiare rotta al film, ma è anche il primo indizio di riflessione sulla differenza tra cultura occidentale (che cerca in tutti i modi di prolungare la nostra vecchiaia) e cultura autoctona, nella quale conta il rispetto per la natura e i per i suoi irrevocabili passaggi di consegne. Il finale esplosivo e per certi versi weirdo aumenta la tensione e lascia che tutti i nodi si sciolgano definitamente, un epilogo liberatorio che prevede un sacrificio (qui possiamo scomodare “The Wicker Man”) ma ancora prima uno strambo cerimoniale di accoppiamento, un flusso che ci permette di scacciare via l’onnipresente negatività che aleggia attorno al gruppetto di americani.
“Midsommar” non è esente da difetti (qua e là si riaffacciano alcune lungaggini già riscontrate nel precedente “Hereditary”) ma compie un fatidico salto di qualità in termini di regia e di sceneggiatura, toccando delle corde che riescono a scavare in profondità sotto ogni aspetto. Vivendo in una cultura che disintegra con facilità i rapporti interpersonali, Ari Aster trasferisce queste nubi minacciose nella tranquilla campagna svedese, mettendo a confronto due mondi inconciliabili tra loro, in cui l’elemento perturbante (già marcio alla radice) penetra dentro questa serena e bucolica realtà. Alla fine, solo la purificazione può trionfare.
(Paolo Chemnitz)
Martedì (ma se possibile anche Lunedì) andrò a vederlo. E’ uno di quei film che attendo di più da quando è stato annunciato e non vedo l’ora di vedere cos’ha combinato questa volta Aster (che con Hereditary ha sorpreso tutti quanti).
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