di Robert Harmon (Stati Uniti, 1986)
E così ci saluta un grande attore come Rutger Hauer (1944-2019), curiosamente scomparso proprio nello stesso anno in cui muore il suo celebre personaggio Roy Batty (il replicante di “Blade Runner”). Ma quali sono stati i registi che sono riusciti a valorizzare al meglio le sue qualità? Su due piedi potremmo dire Paul Verhoeven (risposta scontata, la carriera di Hauer inizia con “Fiore Di Carne”) ma anche Sam Peckinpah (in pochi si ricordano di “Osterman Weekend”) o Ermanno Olmi (l’attore olandese sfoggia una prova superlativa ne “La Leggenda Del Santo Bevitore”). Se altri invece lo hanno ammirato in “Ladyhawke” (1985), noi recentemente lo abbiamo elogiato nel delirante “Hobo With A Shotgun” (2011), un eccentrico b-movie per gli amanti dello splatter. C’è però un thriller del 1986 diretto da Robert Harmon in cui Rutger Hauer è letteralmente dirompente: stiamo parlando di “The Hitcher – La Lunga Strada Della Paura”, un film che non sarebbe mai stato tale senza la straordinaria interpretazione mefistofelica del compianto angelo biondo.
La distanza che intercorre tra Chicago e San Diego è molta, lo sa bene il giovane Jim Halsey, un ragazzo che deve trasportare una vecchia Cadillac fino in California. Quando Jim – ormai stanco di guidare in solitudine – offre un passaggio a un misterioso uomo di nome John Ryder, per lui inizia un calvario senza fine: l’autostoppista si rivela infatti un killer psicopatico, un individuo folle e al contempo geniale nel saper perseguitare con ogni mezzo la sua vittima designata. Persino la polizia diventa un nemico da contrastare, dal momento in cui Jim viene ingiustamente accusato di essere il vero assassino.
Grazie a una brillante sceneggiatura scritta da Eric Red e ispirata al testo di Riders On The Storm dei Doors (“if you give this man a ride, sweet family will die, killer on the road, yeah”), il regista mette in scena un’opera non del tutto originale ma capace di intrattenere come poche altre pellicole del periodo: se in un primo momento questa parabola on the road potrebbe far pensare all’italico cult “Autostop Rosso Sangue” (1977), la base su cui ruota “The Hitcher” in verità guarda molto più indietro, contemplando non pochi elementi già assaporati in “La Belva Dell’Autostrada” (1953) e “Duel” (1971). L’azzeccata ambientazione desertica garantisce spettacolo e inquietudine, ma ancora una volta è lui – un intenso Rutger Hauer – a tenere in mano i fili del gioco, anzi dell’intera pellicola se proprio vogliamo dire le cose come stanno (è da brividi la sua prima apparizione sotto una pioggia battente).
“The Hitcher” è un inferno su strada che esalta il male non attraverso la violenza fine a se stessa ma per mezzo di una vittima prescelta da braccare e tormentare: in fondo la pellicola non offre punti di riferimento, poiché il sadico killer può sbucare ovunque da quel rovente scenario che si perde oltre l’orizzonte. Lasciate perdere il sequel del 2003 ed evitate come la peste il remake del 2007, “The Hitcher” è uno solo. Quello con Rutger Hauer.
(Paolo Chemnitz)
Mi fa piacere che tu abbia deciso di ricordare Hutger Hauer con uno dei suoi film migliori. Tralasciando da parte Blade Runner (uno dei miei film preferiti) l’attore dimosta grande abilità in questo film che ho conosciuto proprio grazie a quel remake del 2007. Quello era brutto ma incuriosito ho deciso di rivedermi l’originale. E ho fatto bene.
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