di Mark L. Lester (Canada, 1982)
Con “Class Of 1984” (“Classe 1984”) la violenza dalle strade finisce nelle scuole (“lo scorso anno negli Stati Uniti si sono verificati 280000 atti di violenza commessi da studenti contro i professori o contro i loro compagni”). Mark L. Lester (tre anni dopo girerà “Commando” con Arnold Schwarzenegger) coglie la palla al balzo e si tuffa dentro un soggetto sicuramente originale, capace di raccontarci gli anni ottanta sotto un nuovo punto di vista (seguiranno anche due sequel, il primo dei quali diretto dallo stesso Lester nel 1990).
Entriamo subito nel vivo degli eventi con un vecchio pezzo di Alice Cooper: più che una scuola la Lincoln High School sembra però un riformatorio dove regna l’anarchia più totale. Il metal detector all’ingresso non serve a nulla, alcuni delinquenti riescono infatti a entrare in classe con catene e rasoi senza che nessuno glielo impedisca. Questa gang (quattro ragazzi e una ragazza) dallo stile (pseudo) nazipunk mette a ferro e fuoco l’istituto, spacciando droga nei bagni e picchiando chiunque provi a mettersi in competizione con loro. Tuttavia un professore di musica appena arrivato (un ottimo Perry King nel ruolo di Andrew Norris) non accetta di sottomettersi alle regole dei cinque balordi, ma la sua battaglia è destinata a generare una serie di rappresaglie, di vendette e di orrori sempre più grandi, soprattutto quando il bersaglio ultimo dei teppisti diventa sua moglie incinta Diane.
Per mettere a fuoco “Class Of 1984” sono stati tirati in ballo tantissimi film, come ad esempio “Il Seme Della Violenza” (1955), “Arancia Meccanica” (1971), “Il Giustiziere Della Notte” (1974) e persino “I Guerrieri Della Notte” (1979) e “Scum” (1979). In realtà, pur attingendo qua e là dalle suddette pellicole, l’opera di Mark L. Lester è un b-movie che semplifica di molto la formula già utilizzata da Sam Peckinpah per il suo encomiabile “Cane Di Paglia” del 1971: ci riferiamo a un professore in apparenza pacifico e a una morale che presto lascia spazio alla brutalità più cieca, anche perché qualcuno osa profanare un bene o un affetto prezioso per il protagonista (la casa oppure una persona cara). Quando Andrew Norris si trasforma in una bestia (“you hurt her, I’ll kill you! I swear to God I’ll kill you!”), il film riesce a regalarci un epilogo indimenticabile, nel quale la giustizia privata sopperisce alla mancanza di quella pubblica (in una scuola dove ognuno volta le spalle davanti alla tragica evidenza dei fatti).
Se il regista di Cleveland ci tiene incollati allo schermo per oltre novanta minuti, di contro dobbiamo comunque evidenziare la totale assenza di una qualsiasi caratterizzazione dei personaggi, pedine che agiscono mosse esclusivamente dall’istinto in un crescendo emotivo di alta intensità. Le situazioni sono volutamente estremizzate, quindi è inutile cercare qualche passaggio credibile all’interno di una storia che guarda all’azione e all’intrattenimento più che alla denuncia sociale. Discutibile per certi versi, efficace per molti altri. Un’opera che difficilmente si dimentica.
(Paolo Chemnitz)