Lèvres De Sang

ZZL014AAdi Jean Rollin (Francia, 1975)

Jean Rollin (1938-2010) è stato un regista fuori dal tempo, così come i suoi film, spesso sospesi all’interno di un sognante e surreale universo parallelo. Se alcune delle sue pellicole fossero state realizzate solo dieci anni prima, Rollin avrebbe ricevuto una maggiore considerazione sia dal pubblico che dalla critica: molti dei suoi lavori più celebri escono invece durante gli anni settanta, lasciando poche briciole a questo suo immaginario ammaliante ma ormai superato (i castelli e i vampiri appartengono a un’altra epoca). Tra le sue opere più intriganti possiamo comunque annoverare “Lèvres De Sang” (“Lips Of Blood”), un horror pregno di sublimi atmosfere nel quale ritroviamo i migliori ingredienti del cinema rolliniano.
Durante una festa privata, un uomo di nome Frédéric (Jean-Loup Philippe) rimane colpito dalla fotografia di un castello in rovina, un’immagine che gli riporta in mente un ricordo legato alla sua infanzia, quando una giovane ragazza di cui lui si era innamorato le era apparsa proprio in quel luogo. Per Frédéric ritrovare quel posto diventa un’ossessione, pur ignorando la natura vampiresca di quella donna e i pericoli a cui deve andare incontro.
“Lèvres De Sang” non è un film autobiografico ma Rollin caratterizza il personaggio principale basandosi sulle sue esperienze personali: ne consegue un’opera contemplativa dove il lirismo è ancora più esasperato, un crescendo di suggestioni romantiche che esplode in un epilogo tra i più belli girati dal regista francese (memorabile la scena con la bara trascinata dal mare e ancora prima quei fotogrammi struggenti in cui è protagonista una nudissima Annie Belle, poi finita anche alla corte di Ruggero Deodato per “La Casa Sperduta Nel Parco”).
Nonostante una trama come al solito abbozzata, “Lèvres De Sang” è un prodotto più elaborato rispetto ad altri, alla luce del rimbalzo tra presente e passato che si apre al tema dell’infanzia perduta, importante per poter sviluppare al meglio il tormento interiore del protagonista. Perché il passato non è altro che un vampiro che seduce e succhia l’energia vitale a chi lo reclama in maniera morbosa, una tematica (spietata) che Rollin affronta metaforicamente e con il suo inconfondibile stile onirico e ricco di significati ultraterreni. L’ottima fotografia, l’erotismo mai volgare e alcuni raffinati accostamenti cromatici garantiscono un risultato ben al di sopra della media, secondo soltanto al capolavoro del regista che a nostro avviso risponde al nome del crepuscolare “La Rosa Di Ferro” (1973). La visione poetica di “Lèvres De Sang” è come un’onda che si infrange sugli scogli, una forza dirompente che travolge, si innalza e poi svanisce, come la vita che scivola via tra ricordi e rimpianti.

3,5

(Paolo Chemnitz)

lds

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