di Colin Minihan (Canada, 2018)
Seguiamo con attenzione e simpatia l’operato di Colin Minihan, regista già apprezzato su queste pagine per l’originale “Deserto Rosso Sangue” (2016), un film poi approdato in Italia in edizione home video. Non potevamo quindi trascurare il recente “What Keeps You Alive”, opera in bilico tra thriller e horror che sostituisce la sabbia bollente del precedente lavoro con un suggestivo scenario boschivo canadese. Qui ritroviamo anche l’attrice protagonista Brittany Allen, oggi non più bionda ma per l’occasione in versione mascolina (taglio corto e look abbastanza trasandato).
Jackie (Hannah Emily Anderson) e Jules (la succitata Allen) sono una coppia omosessuale in procinto di festeggiare il primo anniversario di matrimonio: le due ragazze si concedono una vacanza nella vecchia casa di Jackie, uno stabile isolato a pochi metri da un laghetto. Una volta sul posto, la coppia riceve la visita di Sarah, la quale da piccola era solita giocare da quelle parti proprio con Jackie. Questo incontro si rivela fatale, poiché Sarah chiama la sua amica Megan (il suo vero nome) e non Jackie, un particolare che scatena la diffidenza di Jules (rimasta da sempre all’oscuro riguardo questa doppia identità della moglie). Quali segreti nasconde la giovane? Le carte si scoprono con il passare dei minuti, mentre allo stesso tempo emerge la vera natura di Jackie, una psicopatica che cerca in tutti i modi di ammazzare la sua (si fa per dire) amata.
“What Keeps You Alive” parte molto bene, non solo per la bravura delle attrici ma anche per la palpabile tensione che si respira attorno al lago. Solitamente un film di questo tipo a un certo punto prevede il mostro di turno, la deriva sovrannaturale o degli ospiti inattesi pronti a compiere un massacro, invece Colin Minihan capovolge gli stereotipi lasciando spazio a un conflitto interno, crudele e insanabile. La regia superiore alla media e l’efficace score musicale rappresentano un valore aggiunto non trascurabile, ma all’improvviso qualcosa si inceppa: ci riferiamo ad alcune forzature che fanno un po’ sorridere, penalizzando uno sviluppo narrativo (la sceneggiatura è dello stesso Minihan) quasi impeccabile almeno durante i primi quaranta minuti. Perché, come spesso accade, la vittima non fugge dal pericolo, mettendosi nei guai oltre il dovuto (in questo caso i sentimenti o la sottomissione psicologica per quella canaglia di Jackie non sono delle attenuanti attendibili).
Al contrario del suo precedente lungometraggio, coerente e coeso fino in fondo, questo “What Keeps You Alive” tende a deragliare perdendo il controllo in più frangenti, soprattutto quando entra in gioco il malsano rapporto tra le due protagoniste. Non parliamo di un brutto film, sia chiaro, poiché nel complesso Colin Minihan raggiunge un’abbondante sufficienza, ma si tratta di una palese occasione mancata per dare vita a un ottimo thriller dai risvolti horror (la violenza non è poca). Bisogna accontentarsi del bicchiere mezzo pieno.
(Paolo Chemnitz)