di Jan Švankmajer (Repubblica Ceca, 1996)
Parlare di un genio come Jan Švankmajer non è affatto semplice, alla luce di un cinema complesso e stratificato che tira in ballo psicologia, arte, orrore, grottesco, commedia e chi più ne ha più ne metta. Un frullato surrealista capace di ottenere consensi un po’ ovunque, se escludiamo ovviamente il nostro paese, mai troppo aperto nei confronti del regista ceco (purtroppo non tutti conoscono il suo estro). Tra i suoi film che abbiamo visto negli anni, oggi abbiamo scelto di approfondire “Conspirators Of Pleasure” (“Spiklenci Slasti”), una pellicola senza dialoghi originariamente pensata come un cortometraggio.
Il nonsense generale dell’opera non deve trarre in inganno, quello di Švankmajer è infatti un lavoro che trova la sua compiutezza soltanto nella seconda parte, quando riusciamo a capire cosa diavolo stia accadendo ai vari personaggi che sfilano sullo schermo, ognuno dei quali con la sua segreta perversione: c’è chi si traveste da uomo-pollo utilizzando dei giornaletti pornografici, chi aspira da un catino delle molliche di pane con la cannuccia, chi ha rapporti sadomaso con un fantoccio e chi raggiunge l’orgasmo facendosi succhiare le dita dei piedi dai pesci! La lista di stranezze non finisce qui, ma bastano le succitate situazioni per descrivere un quadro generale a dir poco weird.
Fin dai titoli di testa (si alternano alcune stampe antiche dove sono raffigurati amplessi, orge e accoppiamenti di ogni tipo) possiamo intuire l’argomento portante del film, il sesso. Il regista però scompone questo termine relegandolo al singolo individuo e alle sue fantasie, per poi rimetterlo al suo posto assieme a tutte le altre tessere del puzzle, esperienze intime che ogni persona coltiva in maniera unica e distante dal prossimo. Una destrutturazione che comunque in seguito si traduce in condivisione. I cospiratori del piacere sono quindi una combriccola di feticisti scelti a caso nel mucchio, borghesi annoiati che sfidano il piattume quotidiano lasciando emergere i loro deliri erotici. Se il mezzo è differente, il fine è identico.
L’assenza di dialoghi non crea assolutamente assuefazione, poiché c’è il sonoro a tenerci sull’attenti per tutta la durata del film, oltre a quella solita cura per i costumi e per i dettagli che ci permette di scoprire sempre qualcosa di diverso scena dopo scena. La tecnica stop-motion tanto cara al regista viene utilizzata in alcuni passaggi chiave dell’opera (ad esempio quando l’uomo-pollo deve spiccare il volo), tuttavia il cinema di Švankmajer ci stimola ancora di più attraverso l’analisi delle sue immagini, una stratificazione qui in perfetta simbiosi con la psicanalisi freudiana e con il surrealismo di marca buñueliana (senza dimenticare citazioni più o meno esplicite per Max Ernst). Diventa perciò riduttivo parlare di semplice commedia nera, perché in “Conspirators Of Pleasure” convivono innumerevoli sfumature di varia estrazione, il classico marchio di fabbrica che negli anni ha reso davvero unico l’operato di Jan Švankmajer. Quando la follia è sinonimo di libertà.
(Paolo Chemnitz)
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.
"Mi piace"Piace a 1 persona