Dragged Across Concrete

dragged across concretedi S. Craig Zahler (Canada/Stati Uniti, 2018)

Non è da considerare necessariamente un bene il fatto che S. Craig Zahler abbia raggiunto la piena maturità stilistica con questo suo terzo lungometraggio, dopo le esperienze originali ed esaltanti dei precedenti “Bone Tomahawk” (2015) e “Cell Block 99: Nessuno Può Fermarmi” (2017). Con “Dragged Across Concrete” il regista americano recupera una sua vecchia sceneggiatura mettendo però da parte la freschezza dei primi due film, per lanciarsi dentro un classico crime movie solido e quadrato ma a tratti inferiore rispetto alle nostre aspettative (forse troppe, a dire il vero).
Un Mel Gibson particolarmente ispirato è Brett Ridgeman, un rude poliziotto dalle maniere forti accompagnato dal solito impeccabile Vince Vaughn (qui nel ruolo di Anthony Lurasetti). L’arresto di un trafficante ispanico costa caro ai due protagonisti, qualcuno ha filmato l’operazione da un balcone antistante e quel video è in procinto di essere mandato in onda in televisione. L’intervento di Brett e Anthony è stato fin troppo duro, il loro capo infatti – per evitare ogni imbarazzo con la stampa – è costretto a sospenderli dal lavoro per sei settimane (senza stipendio). Neppure il tempo di ragionare su quanto accaduto che Brett coinvolge il suo giovane collega in una rapina, un viaggio dentro quel sottomondo criminale che i due conoscono molto bene.
Se i precedenti film del regista oltrepassavano entrambi i centotrenta minuti di durata, con “Dragged Across Concrete” finiamo addirittura per sfiorare i centosessanta. L’opera si snoda attraverso una snervante attesa (l’infinito appostamento) e una certa propensione nell’approfondimento dei personaggi secondari, non più un mero contorno ma un cuore pulsante all’interno della storia. Quando la scena madre (legata indissolubilmente al titolo della pellicola) esplode nella sua vigorosa potenza, l’opera si è quasi esaurita: S. Craig Zahler prende tutto il tempo necessario per arrivarci, alleggerendo la nostra visione con tanti dialoghi frizzanti ma insistendo eccessivamente su un iter narrativo privo di quella costante adrenalina a cui eravamo abituati con i primi lavori. L’affiatamento della coppia Gibson/Vaughn è indiscutibile e la violenza, seppur meno pronunciata rispetto al passato, fa sempre il suo sporco dovere, “Dragged Across Concrete” è però un film strettamente calato nella realtà e forse proprio per questo motivo tutto il substrato concettuale (dai problemi familiari alle non trascurabili tensioni razziali) non riesce a decollare come dovrebbe, sfilacciandosi ulteriormente con il trascorrere dei minuti.
Sia chiaro, “Dragged Across Concrete” resta un’opera al di sopra della media generale in ambito crime, complice uno script di buona fattura e un linguaggio estetico comunque ottimale (la fotografia è notevole) che sostiene a meraviglia i vari interpreti: questa volta a funzionare meno è però l’approccio a lenta combustione, proprio perché il materiale trattato dal regista ha meno possibilità di spaziare tra i generi (“Bone Tomahawk”) o di flirtare in maniera ludica con lo splatter (“Cell Block 99”). Per S. Craig Zahler un ritorno quindi convincente ma non entusiasmante, sulle orme di certi polizieschi di taglio pulp ma senza quella brillantezza richiesta per fare la differenza.

3

(Paolo Chemnitz)

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