Ballata Macabra

ballatadi Dan Curtis (Stati Uniti, 1976)

A una prima impressione “Ballata Macabra” (“Burnt Offerings”) può sembrare una semplice appendice al cinema horror di matrice 60s, un film in apparenza arrivato fuori tempo massimo. In effetti nel 1976 le tematiche relative al genere di riferimento (case maledette e affini) si sono spostate su aspetti più morbosi e realistici e la grande magione di campagna in cui avvengono fatti inspiegabili viene percepita come un elemento perturbante ormai superato (la paura si materializza nelle grandi città oppure nelle zone più impervie del paese, dove agiscono psicopatici o balordi stupratori). Dan Curtis, appena reduce dal celebre “Trilogia Del Terrore” (1975), sovverte le regole e dirige una pellicola originale – ispirata a un romanzo di Robert Marasco – a suo modo anticipatrice di quanto vedremo più in là con “Amytiville Horror” (1979) e “Shining” (1980).
Ben Rolf (Oliver Reed) e sua moglie Marian (Karen Black) viaggiano con il figlio Davis e la vecchia zia Elizabeth (Bette Davis) verso la loro futura dimora per le vacanze: questa imponente costruzione, piuttosto antiquata e malmessa, viene affittata per una cifra irrisoria dai padroni di casa, i quali però chiedono un solo favore alla famiglia in arrivo: essi devono occuparsi di un’anziana signora che alloggia al piano superiore della villa, portandole del cibo che lei stessa ritirerà dalla porta. Solo Marian ha l’occasione di interagire con la donna, ossessionata dalla privacy e avvolta in un alone di mistero (giustamente Dan Curtis non ci mostra le fattezze della vecchietta, lasciando lavorare la nostra immaginazione). Presto una forza maligna comincia a impossessarsi dei protagonisti, trascinandoli in una spirale di follia che prevede un sorprendente quanto inquietante passaggio di consegne tra questi due personaggi femminili, in un finale di quelli che non si dimenticano.
download“Ballata Macabra” è un film che cuoce a fuoco lento, generando una tensione psicologica che non molla mai la presa: le vicende sono sinistre e si caricano di contenuti e di risvolti oscuri minuto dopo minuto, senza dover per forza svelare subito i segreti di quel luogo. La forza dell’opera risiede proprio qui, oltre che nelle ottime performance attoriali (il cast è di alto livello), per un incubo che si snoda attraverso una serie di avvenimenti mai buttati a caso per sconvolgere lo spettatore, ma dosati con grande attenzione (la sequenza della piscina genera ansia a profusione, forse anche per il torbido colore dell’acqua che non si discosta affatto dalle atmosfere generali della pellicola).
Interessante e per una volta efficace è la denominazione italiana del film: “Ballata Macabra” infatti suggerisce qualcosa di ciclico che si ripete e si rigenera, come una danza tra scheletri che ballano tenendo per mano la vittima designata. Dan Curtis trova la chiave giusta per mettere in scena tali suggestioni, avvalorate da una confezione vintage che cattura e affascina nonostante qualche esplicito rimando a un linguaggio di stampo televisivo (in fondo è il terreno sul quale il regista ha costruito la sua carriera). Persino i flashback onirici hanno il loro perché, con la bizzarra intromissione dell’autista del carro funebre che non è altro che un ricordo d’infanzia del regista, il quale rimase profondamente turbato dal ghigno di un becchino durante il funerale della madre. Immagini destabilizzanti che tracciano una linea ben definita, segnando uno dei migliori horror usciti nella seconda metà degli anni settanta.

4

(Paolo Chemnitz)

ballata-macabra