Replace

replacedi Norbert Keil (Germania/Canada, 2017)

La paura di invecchiare, la chirurgia estetica, la ricerca della bellezza a tutti i costi, recentemente il cinema ha trattato in lungo e in largo questi argomenti, disperdendosi tra varie pellicole associabili al body horror e altre più stratificate capaci in qualche modo di lasciare il segno. “Replace” cerca di ritagliarsi il proprio spazio ritornando alle origini, perché prima di tutto la pelle si può sostituire come ci aveva insegnato Georges Franju nel cult “Occhi Senza Volto” (1960). Il regista tedesco Norbert Keil butta però talmente tanta roba sul fuoco che a fine visione il minestrone risulta una pappetta insipida senza capo né coda.
Eppure “Replace” comincia con il piede giusto: atmosfere soffuse, musica elettronica decisamente oscura e una frase ad effetto che ci catapulta subito nel cuore del film (“non invecchierò mai. Non voglio morire. Sono troppo giovane per morire. Non riesco a vedere il corpo invecchiare… perderne il controllo. Si sgretola sotto i miei occhi. Non posso fermarlo, ne voglio di più”). Rebecca Forsythe è Kira, una ragazza a cui improvvisamente comincia a seccarsi la pelle, il sintomo di un precoce passo verso la terza età. La disperazione della protagonista trova però conforto con la scoperta che quei lembi di cute possono ritrovare la giovinezza una volta sostituiti con quelli di altre persone, così Kira – come una moderna Contessa Bathory (ma niente bagno nel sangue!) – si mette a caccia di vittime per mettere in atto il suo piano diabolico.
Gli uomini diventano interessanti quando invecchiano. Le donne invecchiano”, chissà però se al timone di “Replace” ci fosse stata una donna e non un uomo: perché è chiaro fin dalle prime battute che Norbert Keil dirige seguendo un punto di vista incapace di scavare a fondo all’interno della psiche femminile, nonostante quei ricordi nel passato di Kira che cercano in qualche modo di far riaffiorare dei segreti decisivi per lo sviluppo delle vicende. Il thriller si mescola quindi al body horror, tra omicidi (cruenti) e qualche interessante riflessione sulla misera condizione umana, segnata sia dalle esperienze traumatiche che dal nostro aspetto fisico. Ma “Replace” presto lascia spazio alla confusione, perdendo sia il ritmo che la credibilità e mostrando personaggi che funzionano soltanto sulla carta (Barbara Crampton appare sprecata nel ruolo della Dottoressa Crober). La seconda parte della pellicola cede persino a tentazioni sci-fi (e inspiegabilmente la musica diventa orchestrale), l’ennesima deviazione da una strada maestra che andava percorsa con maggior decisione e meno dispersività.
Con tutte le attenuanti possibili, non è certo facile difendere un prodotto come “Replace”, fin troppo studiato nella sua idea di partenza ma per nulla curato sotto altre (non meno importanti) dinamiche: i dialoghi, la recitazione, il sonoro, la sceneggiatura, c’è qualcosa che non convince nella confezione generale e probabilmente si tratta di quella voglia di strafare pur con mezzi non adeguati per l’occasione. Un film vanamente ampolloso.

2

(Paolo Chemnitz)

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