Liquid Sky

liquiddi Slava Tsukerman (Stati Uniti, 1982)

“Liquid Sky” è un oggetto non identificato del cinema di fantascienza degli anni ottanta, un film unico nel suo genere e anche per questo ritenuto giustamente un cult. Ma è pure un lungometraggio prolisso e in alcuni casi noioso, perso tra dialoghi non sempre efficaci e la continua ripetizione di situazioni piuttosto simili tra loro. Poco importa a dire il vero, il regista moscovita Slava Tsukerman scrive, dirige e produce questa pellicola rivolgendosi esclusivamente a un pubblico alternativo e riscuotendo un successo inaspettato nel giro indipendente. Il motivo è semplice, “Liquid Sky” è il ritratto più fulgido della sottocultura post-punk newyorkese di quell’epoca, qualcosa di assolutamente raro anche per via di un taglio psichedelico che trasforma questo immaginario new wave in un bagno dentro l’acido.
Margaret (Anne Carlisle qui in un doppio ruolo) è una ragazza androgina che vive in un piccolo appartamento di New York: fa la modella, è una ninfomane, è bisessuale ed è anche cocainomane. La sua vita sregolata diventa ancora più movimentata quando una navicella con dei minuscoli alieni scende sulla città alla ricerca di droghe per il proprio nutrimento, stabilendosi esattamente nell’attico della giovane. Questi invasori si rendono conto che c’è qualcosa di molto più potente della droga, ovvero una sostanza chimica prodotta dal cervello dei tossicodipendenti durante il compimento dell’atto sessuale. Per Margaret diventa quasi una scelta consapevole attirare delle vittime all’interno della sua casa, per poi lasciar finire l’opera agli alieni.
Quella della protagonista è una rivincita sulla vita che si può leggere prima di tutto sotto un’ottica femminista (“how to be free and equal: fuck women instead of men, and you’ll discover a whole kingdom of freedom”), ma la sua quotidianità principalmente cattura l’essenza di un periodo come nessuno era riuscito a fare in quegli stessi anni. “Liquid Sky” (il termine identifica l’eroina) è infatti un vero film underground che non bada più di tanto alla storia in sé, puntando soprattutto sulle incredibili atmosfere dell’epoca. Le luci al neon, il trucco fluorescente, le strambe marcette realizzate con i sintetizzatori e le tematiche controverse (“I am androgynous not less than David Bowie himself. And they call me beautiful, and I kill with my cunt”) non fanno altro che ricoprire di assoluta originalità un prodotto in alcuni casi addirittura weird (come se Siouxsie avesse incontrato l’LSD!).
Slava Tsukerman riesce a far convivere con molta fantasia gli appartamenti ereditati dai lavori di Paul Morrissey con le colate lisergiche di un regista visionario (pensiamo al Ken Russell di “Stati Di Allucinazione”), affiancandosi al cinema della trasgressione di Richard Kern ma con uno spirito completamente diverso. Qui New York sembra la metropoli di un altro pianeta. Intenzioni persino ambiziose e forse per questo incapaci di trascinare “Liquid Sky” oltre la soglia della sufficienza, proprio perché in questo folle festival dell’assurdo si scivola in una costante monotonia pur con le coloratissime presenze umane messe in scena. Però “Liquid Sky” è un film da vedere almeno una volta nella vita, per poi ricordarlo come una delle esperienze più eccentriche e stravaganti assaporate sullo schermo.

3

(Paolo Chemnitz)

liquid sky

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One thought on “Liquid Sky

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