Tesis

tesisdi Alejandro Amenábar (Spagna, 1996)

Quella di Alejandro Amenábar è stata una partenza col botto: sette premi Goya in Spagna e un elogio unanime da parte della critica, il primo passo di una carriera successivamente esplosa con “The Others” (2001) e “Mare Dentro” (2004) ma poi incapace di mantenersi su alti livelli (per chi vi scrive, “Regression” è stata una grossa delusione). “Tesis” (o “Thesis”) lancia nella mischia questo regista di origini cilene che rimpolpa il nuovo fronte generazionale di un cinema iberico in grande fermento, ci troviamo infatti a metà degli anni novanta e nomi come Álex De La Iglesia o Juanma Bajo Ulloa hanno già fatto dimenticare quella vecchia guardia di cineasti spagnoli cresciuti durante il franchismo.
Ángela (Ana Torrent), una studentessa della facoltà di cinema a Madrid, sta preparando la sua tesi di laurea dedicata al ruolo della violenza negli audiovisivi. La ragazza cerca di visionare i film più estremi e insostenibili, anche per questo motivo si rivolge al suo professore, il quale si reca nell’angolo più remoto della videoteca dell’università per prelevare un nastro alquanto misterioso. Poco dopo il docente viene trovato morto proprio dalla giovane, Ángela però non ci pensa due volte e porta via con sé quella videocassetta, per poi scoprire insieme al suo collega Chema che il contenuto di quel filmino non è altro che uno snuff movie. L’indagine amatoriale dei nostri ha inizio, considerando che Chema è un grande appassionato di cinema horror (lo vediamo sfoggiare persino una maglietta di “Cannibal Holocaust”) mentre Ángela appare sempre più incuriosita da questa strana e contorta vicenda. Lo snuff è stato infatti girato all’interno della facoltà, dove qualcuno è intento a praticare un losco traffico di tali pellicole.
Con un budget tutt’altro che imponente Alejandro Amenábar realizza un thriller che scava nel torbido, sondando la morbosità del pubblico: “Tesis” è in primo luogo una riflessione sulla violenza nel cinema percepita da un neofita qualunque (e ovviamente portata alle estreme conseguenze), un mondo rifiutato a prescindere dai benpensanti eppure così affascinante da diventare quasi una passione segreta per questi individui (“certi ipocriti dicono che i miei film sono una porcheria ma poi muoiono dalla voglia di vederli”). La stessa Ángela è una persona assolutamente normale, la quale si scontra con l’indole molto più libera del suo amico Chema, abituato a ogni genere di orrore e neppure troppo stupito davanti alle terribili immagini mostrate in quel nastro. Quando le carte si scoprono, “Tesis” perde un po’ del suo mordente, ma in queste due ore i cali sono davvero minimi e la messa in scena del regista mette subito in chiaro le potenzialità del suo prodotto, diretto ed efficace anche nelle valide inquadrature.
Se l’indagine attorno agli snuff vi stuzzica ma non avete mai digerito “8mm” (1999) con Nicolas Cage, questo thriller cambia prospettiva ponendoci alcune domande piuttosto controverse: “Tesis” ci chiede costantemente se nel cinema è moralmente giusto far vedere la violenza per stuzzicare maggiormente il pubblico. La risposta è sempre in bilico (dipende dal contesto) ma noi non abbiamo dubbi al riguardo, semmai bisogna rivolgersi ai soliti puritani che criticano in lungo e in largo le nostre pellicole pur nascondendo tanti scheletri nell’armadio.

4

(Paolo Chemnitz)

tesis1

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