di Gaspar Noé (Francia/Belgio, 2018)
Le tematiche presenti nel cinema di Gaspar Noé le conosciamo bene, ma questo nuovo lavoro non è soltanto un semplice esercizio di stile (come può sembrare in un primo momento), poiché le idee messe sul piatto dal regista franco-argentino continuano a rigenerarsi sotto diverse spoglie. Pur svolgendosi nel 1996, in “Climax” c’è un passato, un presente e anche un futuro, un passaggio di consegne tra vecchie e nuove generazioni all’interno di una Francia (multietnica) in preda al caos. Tutti contro tutti, senza ovviamente un vincitore. Chi sono allora i protagonisti che simboleggiano questo disordine? Un gruppo di giovani ballerini, i quali si riuniscono in pieno inverno dentro un vecchio stabile in disuso per divertirsi e danzare a ritmo di musica elettronica. Li conosciamo uno alla volta, sono bianchi, neri, meticci, alcuni apparentemente ingenui, altri con un sogno nel cassetto e la voglia di sfondare. Si avvicendano dietro uno schermo come nel peggiore dei reality show. Accanto a quella televisione Noé cita alcune delle sue influenze principali: sulla nostra sinistra c’è un volume di Nietzsche e vari libri dedicati al cinema, sulla destra invece troviamo qualche film accatastato alla rinfusa (da “La Maman Et La Putain” fino a “Possession”, passando per “Querelle” e l’immancabile “Angst”).
Quando la festa ha inizio “Climax” diventa insostenibilmente verboso (e volutamente fastidioso), perché dal lungo piano sequenza dedicato al ballo presto finiamo catapultati nei dialoghi nonsense di questi giovanotti, il preambolo per una parte conclusiva a dir poco spiazzante: qualcuno infatti ha messo una droga allucinogena dentro la sangria, un pozzo di acido che scatena una delle più terribili rappresentazioni dell’inferno viste di recente. L’inferno di Gaspar Noé. Il regista (ri)propone il rifiuto della vita attraverso due strade differenti: da un lato, quella madre che rinchiude il proprio figlio dentro uno stanzino lasciandolo al proprio destino ha un significato molto eloquente, ma non è da meno quella povera donna in stato di gravidanza che viene malmenata in una delle scene più forti del film, un (auto)richiamo non troppo velato a quel grembo preso a pugni in “Seul Contre Tous” (1998).
“Climax” è una danza macabra contemporanea, dove la morte può essere impersonata da chiunque ti sia accanto, perché se la droga abbatte ogni inibizione è anche vero che solo l’ipocrisia mantiene saldi i rapporti umani: life is a collective impossibility, una volta cadute le barriere il massacro ha inizio. Ovviamente Gaspar Noé rispolvera alcune linee guida del suo trip “Enter The Void” (2009), death is an extraordinary experience è l’esalazione dell’ultimo respiro che prende i connotati di un orgasmo, di un viaggio sensoriale che in “Climax” emerge attraverso queste continue spruzzate di LSD, tra musica, sesso, violenza e luci lisergiche (e quella tenda con i colori della Francia, un sipario che parla più di ogni altra cosa).
In poco più di novanta minuti il regista dà vita a un vero e proprio horror corale che non arretra di un millimetro davanti allo shock, in alcuni casi programmato e meno spontaneo rispetto alle esperienze precedenti ma comunque capace di lasciare ancora una volta un segno indelebile sulla nostra pelle. Un film altamente corrosivo, da prendere o lasciare senza troppe vie di mezzo.
(Paolo Chemnitz)