di Carl Theodor Dreyer (Germania/Francia, 1932)
Nonostante un destino a dir poco travagliato, “Vampyr” ha ritrovato in parte il suo antico splendore grazie al restauro a cura della Stiftung Deutsche Kinemathek e della Cineteca di Bologna. Ovviamente si tratta di una versione usurata e incompleta (la durata è di circa settantadue minuti), ma il prodotto è qualitativamente accettabile e degno della sua fama (questa edizione è la stessa presente sul dvd import Eureka – a cui facciamo riferimento – uscito ormai una decina di anni fa).
Per il regista danese, “Vampyr” non è soltanto il primo film che ricorre al sonoro, ma è anche la pellicola che pone uno stop temporaneo alla sua carriera, proseguita solo dopo moltissimi anni con ulteriori perle cinematografiche ma qui rinchiusa in un vicolo cieco a causa di un clamoroso insuccesso commerciale. L’ennesimo esempio di una gloria postuma mai così meritata, dopotutto Carl Theodor Dreyer stava cercando di proporre al pubblico qualcosa di nuovo, senza riciclare quanto già visto un anno prima con “Dracula” di Tod Browning o col più datato “Nosferatu” di Murnau. La fonte di ispirazione non è infatti riconducibile a Bram Stoker, bensì ad alcune novelle scritte da Joseph Sheridan Le Fanu, un cambio di rotta che è possibile tastare con mano anche nello stile sobrio e misurato del film.
La morte è una presenza costante in “Vampyr” e ce ne accorgiamo fin dai primissimi fotogrammi: il teschio sullo sfondo dei titoli, quella falce che domina le prime scene, lo scheletro dipinto sul quadro, Dreyer ricorda sia al protagonista Allan Grey che a noi spettatori quanto il tristo mietitore sia sempre al nostro fianco. Quel ballo di ombre che volteggiano sul muro è ancora più eloquente, una danza macabra che suona come un classico memento mori, un destino irreversibile che segna una sorta di linea nera invisibile all’interno della storia. “Vampyr” offre però poco spazio alla narrazione (i dialoghi sono molto esili) e ancora meno alla tensione, Dreyer infatti predilige le atmosfere, le suggestioni, i rumori sinistri che penetrano come un sibilo in questa oscura cornice rurale. La regia è sontuosa, sia nei movimenti di camera (il regista sfoggia una tecnica per l’epoca invidiabile) che nell’attenzione per i dettagli, creando un’attesa febbrile che si dipana attraverso un mood sospeso, onirico, impenetrabile. Inoltre, l’utilizzo della soggettiva nella scena della bara è un particolare che da solo vale la visione intera della pellicola.
Rinunciando a mostrarci il vampirismo nella sua accezione più classica, “Vampyr” ci scuote come un incubo esistenzialista, seguendo una via sperimentale che sceglie il minimalismo e l’eleganza allo spettacolo di facile presa. Dreyer carica le immagini di simboli e proiezioni, senza comunque rinunciare a un paio di sequenze shock (la lenta agonia nel mulino fu oggetto di tagli dovuti alla censura). Ma il più grande pregio di “Vampyr” è il saper rifuggire ogni dettame estetico visto in precedenza: anche per questo motivo, il regista ricopre di nuovi significati alcune influenze mutuate dal cinema espressionista, come ad esempio l’utilizzo delle ombre, un passaggio mentale tra conscio e inconscio che si manifesta in modo spettrale, lontano dalla realtà. Così facendo, l’esasperazione del male vista in “Nosferatu” (1922) qui acquisisce dei connotati ben diversi, sicuramente meno spigolosi rispetto al pungente immaginario messo in scena anni prima dall’illustre lungometraggio tedesco.
Nel 1932, nessuno era ancora pronto a meditare sulla paura. Sono proprio queste impalpabili implicazioni surreali ad aver creato scompiglio tra gli spettatori dell’epoca. Perché con “Vampyr”, l’angoscia diventa avanguardia.
(Paolo Chemnitz)
Filmone! Mi dispiace solo che si poco conosciuto anche dagli amanti di cinema. Una perla da riscoprire assolutamente!
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Grazie paolo per questo recensione di uno dei più grandi horror della storia del cinema. Oggi nessuno parla di dreyer malgrado egli sia stato tra i massimi autori del cinema. Tu sei uno dei pochi.
Pagellone
Il presidente ***
La moglie del prete ***
Blade on Satans bog **1/2
Gli stigmatizzati ***
Der var engang **
Mikael ****
Il padrone di casa ***1/2
Glomdalsbruden **1/2
La passion de jean d’arc *****
Vampyr ****1/2
Dies irae *****
Tua manniskor(due esseri)***1/2
Ordet la parola *****
Gertrud ****
Ne aggiungo uno lo straordinario e spettrale cortometraggio essi raggiungono il traghetto che malgrado il respiro corto è tra le cose migliori del maestro,voto: *****
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