di Larry Peerce (Stati Uniti, 1967)
Da un regista nato nel Bronx non potevamo certo aspettarci una pellicola tutta rose e fiori, seppure nel lontano 1967 l’America sembrava ancora distante da quel tunnel legato al turbolento (e violento) cinema urbano del decennio successivo. “The Incident” (questo il titolo originale) è un film anticipatore, capace di influenzare gente come Walter Hill o Abel Ferrara, una sorta di piccolo ma gustoso antipasto di tutte quelle opere che durante i 70s saranno al centro della nostra attenzione. “New York: Ore Tre – L’Ora Dei Vigliacchi” segna anche il debutto assoluto per Martin Sheen e la seconda apparizione sul grande schermo per un giovane Tony Musante, da lì a poco finito alla corte di Dario Argento per “L’Uccello Dalle Piume Di Cristallo” (1970).
Joe Ferrone (Musante) e Arty Connors (Sheen) sono due balordi che vagano di notte per le strade di New York molestando le persone: a farne le spese è persino un povero anziano, rapinato per soli otto dollari. Successivamente il film segue un percorso schematico, introducendo un po’ alla volta alcuni protagonisti presenti nella fase cruciale della pellicola, quando Joe e Arty salgono ubriachi su un vagone della metropolitana seminando il panico tra i viaggiatori. Tutta la seconda parte del lavoro si svolge proprio sul convoglio, un teatro notturno dove ogni pedina mostra un codice morale del tutto personale: c’è chi prova a difendere un barbone infastidito dai due ragazzi e chi invece continua a far finta di niente, sopportando le angherie continue di questi pazzi scalmanati. Una violenza psicologica che arriva a toccare delle corde molto profonde (la riflessione sul razzismo non è per nulla banale), lasciando a noi spettatori l’arduo compito di giudicare i diversi comportamenti dei passeggeri (il confine tra paura e vigliaccheria è molto labile in questi casi).
Per assaporare al meglio questo thriller dai contorni noir bisogna prima di tutto chiudere un occhio sulla verosimiglianza del viaggio in metropolitana: solitamente il tempo impiegato per raggiungere la fermata successiva è di una manciata di minuti, mentre qui la finzione oltrepassa ogni limite rinchiudendoci dentro quel vagone per una durata spropositata. Nulla di male, dopotutto a noi interessa la sostanza di “The Incident”, al di là della pignoleria di cui sopra. Bisogna poi ribadire la grande prova attoriale di Tony Musante, vero e unico mattatore dell’opera, un individuo aggressivo e instabile che riesce a manipolare il suo compagno di merende, l’ennesimo giovanotto allo sbaraglio figlio di un’America sull’orlo del baratro (la crescita esponenziale del crimine nelle grandi metropoli si sommava alla preoccupazione per l’interminabile conflitto in Vietnam).
“New York: Ore Tre – L’Ora Dei Vigliacchi” è un lungometraggio che non può essere trascurato, un prodotto di avanguardia anche per il suo approccio (per l’epoca) politicamente scorretto: è la mortificazione e l’umiliazione del quieto vivere borghese, qui denudato e messo alle strette in un angolino. Un film claustrofobico che scardina l’ipocrisia di queste vittime rinchiuse nella metropolitana e incapaci di reagire: chissà, forse per il regista l’unico vincitore è proprio quel barbone ignaro di tutto.
(Paolo Chemnitz)