di Rainer Werner Fassbinder (Germania Ovest, 1978)
Scosso profondamente dal suicidio del compagno Armin Meier, Rainer Werner Fassbinder gira in appena venticinque giorni uno dei film più drammatici e dolorosi della sua carriera. Il titolo (“In Einem Jahr Mit 13 Monden”) si riferisce a una congiuntura astronomica che accade soltanto sei volte in un secolo, un periodo in cui gli individui molto sensibili accusano una forte crisi personale (“gli uomini la cui esistenza è determinata in gran parte dai sentimenti, in questi anni della luna soffrono in modo particolare di depressione”).
Francoforte, 1978: è in questo luogo che il transessuale Elvira Weishaupt (un tempo Erwin) rievoca il suo passato prima di commettere l’inevitabile suicidio. Da bambino illegittimo, Erwin era cresciuto in un orfanotrofio, ma poi era riuscito a trovare lavoro nel mattatoio della città e a sposarsi con Irene. L’incontro con l’ebreo Anton Saitz gli stravolge la vita, poiché l’amore che Erwin prova verso questo individuo supera ogni impedimento, in quanto il protagonista cambia addirittura sesso per farsi accettare da lui. Qui inizia il vero calvario di Elvira, prima maltrattata da Anton e in seguito rifiutata e abbandonata al suo atroce destino. Anche gli ultimi tentativi di recuperare i contatti con la ex moglie o con la suora dell’orfanotrofio risultano vani, Elvira è sola e cade così in uno stato di depressione irreversibile.
In questa pellicola Rainer Werner Fassbinder porta all’esasperazione molte delle sue tematiche principali, tra le quali quella del masochismo: cambiare per essere accettati dagli altri, tollerare qualunque umiliazione, scendere a compromessi per raggiungere un obiettivo, nel cinema di Fassbinder i sentimenti mettono in circolo un’energia distruttiva in cui non esiste mai equilibrio tra le due parti. Da un lato c’è la vittima, dall’altro il carnefice. Il film è tragico, straziante, riflessivo, sono infatti molti i dialoghi (o i monologhi) dove Erwin/Elvira ripensa alla sua vita attraverso una sofferenza emozionale che in “Un Anno Con 13 Lune” si fonde disperatamente con il dolore carnale. Il regista tedesco tocca anche delle corde piuttosto controverse, mostrandoci alcune scene cruente girate nel mattatoio, forse il passaggio più estremo e insostenibile di tutto il cinema fassbinderiano (cari animalisti, state alla larga da queste immagini!).
La morte giunge come ultima tappa di un percorso obbligato, quello del masochista: tra i tanti personaggi del cinema di Fassbinder, la figura di Elvira è quella che ha una maggiore consapevolezza del suo misero stato (lo ammette esplicitamente), una scelta che si riduce a una costante autodistruzione, al di là dell’appartenenza sessuale. Con lo spirito di Antonin Artaud (da sempre punto di riferimento imprescindibile per il regista) che spunta dietro l’angolo, quasi a voler suggerire il concept dell’opera. Un film che fa terribilmente male.
(Paolo Chemnitz)
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