La Vittima Designata

la vittima designatadi Maurizio Lucidi (Italia, 1971)

Maurizio Lucidi intraprese la carriera da regista verso la metà degli anni sessanta con una manciata di titoli legati soprattutto al genere western, ma nell’ambiente cinematografico egli era già molto apprezzato come montatore (suo infatti l’apporto nel cult “Il Sorpasso” di Dino Risi). Nel 1971 però, quando nel nostro paese impazza il giallo all’italiana, Lucidi realizza “La Vittima Designata”, un ammaliante thriller psicologico piuttosto distante (per soggetto e atmosfere) dalle pellicole di quel periodo. Merito sicuramente delle scenografie (molto 60s) e di una splendida colonna sonora (firmata da Luis Bacalov) in cui canta un pezzo persino Tomas Milian, la ricetta per un mood onirico e malinconico perennemente sospeso tra alcuni luoghi simbolo del nord Italia (il film è girato tra Venezia, Milano e il lago di Como).
Stefano (Tomas Milian) è in cattivi rapporti con la moglie Luisa: durante una gita con la sua amante Fabienne, l’uomo incontra casualmente un personaggio molto ambiguo, il Conte Matteo Tiepolo (Pierre Clémenti), un giovane eccentrico che lentamente entra nella vita del protagonista. Matteo propone un patto scellerato a Stefano: lui ucciderà sua moglie mentre Stefano, per ricambiare, gli ucciderà il fratello. Nulla sembra presagire che il piano vada a buon fine, ma il Conte intanto si porta avanti con il lavoro ammazzando Luisa e costringendo Stefano a non tradire l’accordo, pena una condanna sicura nei suoi confronti (per la polizia è il sospettato numero uno). “La Vittima Designata” presto si trasforma in una tragica spirale dalla quale è difficile riemergere, finale shock incluso.
Il regista toscano mette subito in risalto il rapporto tra Stefano e l’androgino Matteo, l’unico vero legame dove riusciamo a percepire una costante tensione sessuale, una sorta di attrazione mista a repulsione che fa in modo che entrambi i personaggi siano dipendenti l’uno dall’altro. Le ottime prove di Milian (qui con la sua voce originale) e di uno spettrale Clémenti avvalorano quanto detto, creando quel magnetismo che di riflesso si proietta anche su di noi, lasciandoci letteralmente incollati allo schermo. “La Vittima Designata” respinge quindi il presente filo-argentiano (qui non c’è traccia di sangue) mettendo invece in risalto una plumbea decadenza connessa al decennio precedente che si è da poco concluso: Maurizio Lucidi infatti guarda indietro fino al cinema di Hitchcock (“L’Altro Uomo” rappresenta praticamente il prototipo originale) ma con una sua precisa identità, che si traduce con un approccio crepuscolare, rarefatto, addirittura pittorico in alcune inquadrature.
Per chi volesse (ri)scoprire un film diverso, magico e comunque unico nella carriera di un regista mai troppo considerato dalla critica, “La Vittima Designata” è la pellicola ideale a tal proposito, un ponte tra gli anni sessanta e gli anni settanta che riemerge impetuoso dalle nebbie del passato per ricordarci (ancora una volta) delle vie infinite del vecchio cinema di genere italiano. Un thriller torbido e drammatico, sul quale piomba all’improvviso un diavolo vestito da angelo.

4

(Paolo Chemnitz)

la vittima desi

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