Mandy

mandydi Panos Cosmatos (Stati Uniti/Belgio, 2018)

“Mandy” è un film che si fa notare, un po’ come era accaduto per il precedente “Beyond The Black Rainbow” del 2010, perché Panos Cosmatos (figlio d’arte del celebre George P. Cosmatos) è un regista molto più eccentrico del padre. Niente di male, però bisogna sempre mettere in conto che si può essere ambiziosi solo a patto di saper maneggiare con cura la materia cinematografica da proporre al pubblico, con il rischio di incappare nelle critiche più feroci. A tal proposito, il caso di “Mandy” è piuttosto eclatante.
È il 1983, la musica dei King Crimson ci introduce Red Miller (Nicolas Cage), un uomo tranquillo che vive con la sua compagna (Mandy) in una casa isolata nel cuore di una foresta. La donna viene però notata da un gruppo di hippie dediti a un culto religioso, i quali la rapiscono con l’ausilio di inquietanti creature infernali, lasciando Red nella disperazione più assoluta. Ma la vendetta non tarda a sopraggiungere, in quanto il protagonista è intenzionato più che mai a farsi giustizia da solo: armato di balestra, di ascia (la cui forma è un chiaro omaggio al logo dei Celtic Frost!) e poi di motosega (impossibile non pensare a Bruce Campbell), Red si ritrova infine davanti al leader della setta, Jeremiah Sand (un sadico manipolatore non troppo distante dalla figura di Charles Manson). Un fottuto trip, più che un revenge movie.
tumblr_pazsueRIUc1ut1d6co3_r1_540Non è difficile intuire quanto “Mandy” sia un horror psichedelico e allucinato, reso tale grazie a una fotografia a dir poco acida, dove l’utilizzo dei filtri risulta tanto stucchevole quanto efficace. Una scelta di dubbio gusto ma capace di infondere personalità alla confezione generale, visivamente curata in ogni minimo dettaglio e idonea per immergerci dentro un mood alquanto sospeso e lisergico, complice anche l’ottima colonna sonora di matrice ambient-industrial composta dall’islandese Jóhann Jóhannsson (un tappeto insistente che penetra nella nostra mente come una potente droga).
Se “Mandy” fosse durato una ventina di minuti in meno (due ore sono eccessive), forse si sarebbe risparmiato qualche accusa comunque condivisibile, a cominciare dal flebile aspetto narrativo, praticamente messo in secondo piano per non dire abbozzato. Inoltre, alcuni passaggi risultano eccessivi e forzati, ci riferiamo alla presenza di questi demoni (con “Hellraiser” dietro l’angolo) che spuntano dal nulla senza una vera ragione, giusto per dare un tocco di folklore in più alla pellicola. Bisogna quindi aggirare il nonsense generale che attraversa l’opera di Cosmatos, concentrandosi esclusivamente sulle incredibili atmosfere e sullo splatter ferale della seconda parte. Tutto ovviamente filtrato da una costante luce rosso-violacea, un inferno vaporwave che riesce a tenerci incollati allo schermo nonostante le mancanze strutturali di cui sopra.
“Mandy” si rivela una pura esperienza sensoriale calata in un contesto da b-movie, un prodotto non esente da difetti ma comunque affascinante e altamente ipnotizzante: se cercate una storia ben scritta e una serie di personaggi credibili, allora vi conviene voltare le spalle alla follia dirompente messa in scena da Panos Cosmatos e interpretata da un Nicolas Cage in stato di grazia. Perché questo è un minestrone che può andare di traverso, ma basta non prenderlo troppo sul serio e i conti alla fine tornano. Tamarro ma giusto.

3,5

(Paolo Chemnitz)

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