La Meute

19505445di Franck Richard (Francia/Belgio, 2010)

Franck Richard, a differenza di altri suoi colleghi transalpini, si è fermato qui. Se i vari Xavier Gens, Alexandre Aja, Pascal Laugier o la coppia Bustillo-Maury hanno trovato la loro strada sia in patria che al di fuori dei confini francesi, Richard non si è giocato bene le sue carte scrivendo e dirigendo un film tutto sommato interessante ma purtroppo confuso e derivativo. Eppure “La Meute” (che nel titolo internazionale diventa “The Pack”) ha goduto persino di una passerella al Festival di Cannes nel 2010, sfruttando l’onda generata dal successo internazionale della cosiddetta new wave of french horror.
Charlotte (una brava Émilie Dequenne) è in viaggio con la sua auto tra le campagne francesi: è una ragazza un po’ rude, ascolta musica alternativa e sulle nocche di una mano ha il tatuaggio HATE esattamente come quello di Robert Mitchum nel classico “La Morte Corre Sul Fiume” (1955). Quando un gruppo di motociclisti cerca di abbordarla, per Charlotte la soluzione migliore è quella di caricarsi in macchina un autostoppista, in modo tale da poter viaggiare in compagnia. I due si fermano in una locanda chiamata La Spack, un luogo isolato gestito da una donna piuttosto inquietante (interpretata da Yolande Moreau), ma proprio qui iniziano ad accadere dei fatti sconcertanti. La proprietaria è infatti una psicopatica che rapisce i clienti rinchiudendoli dentro delle gabbie, per poi utilizzare i loro corpi con uno scopo ben preciso. Senza spingerci troppo in avanti con la trama, quello che accade nella seconda parte del film diventa il fatidico passo più lungo della gamba che il regista riesce a gestire con poca personalità, finendo per disperdere oltre il dovuto le discrete suggestioni dei primi quaranta minuti di visione.
“La Meute” mette insieme tanti pezzi di pellicole già viste in precedenza: c’è un posto in mezzo al nulla che riporta in mente sia “Calvaire” (2004) che “Frontier(s)” (2007), ma non mancano le torture in stile “Hostel” (2005), rimandi più o meno espliciti che Franck Richard amalgama abbastanza bene prima di perdersi nel caos più assoluto con una svolta (in apparenza originale) che manda letteralmente a puttane la sceneggiatura. Praticamente il regista tenta di percorrere un sentiero mostruoso (con Romero dietro l’angolo) mancando il bersaglio proprio sul più bello, nonostante i validi effetti e una quantità soddisfacente di splatter. Ecco perché “La Meute” si assesta su livelli non del tutto sufficienti, è il tipico horror che mentre tenta l’allungo decisivo si schianta alla prima curva.
Tra i pochi personaggi che compaiono nel film c’è da segnalare un curioso cameo di Matthias Schoenaerts (“Linkeroever”, “Bullhead”, “Un Sapore Di Ruggine e Ossa”), qui nei panni di un gotico di passaggio al bancone della Spack. “La Meute” si lascia quindi guardare ma non trasmette orrore e raccapriccio come era accaduto in precedenza per altri film di provenienza francese. Per fortuna i nostri cugini hanno sfornato anche tanti capolavori.

2,5

(Paolo Chemnitz)

la meute1

 

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