di Eisuke Naitô (Giappone, 2018)
“Liverleaf” prende spunto dal manga “Misumisô” di Rensuke Oshikiri, un’idea poi sceneggiata da Miako Tadano e trasformata in film da Eisuke Naitô, un regista non nuovo a raccontarci storie legate all’adolescenza. Questa pellicola è soprattutto un lavoro spaccato in due, in principio un teen drama incentrato sul bullismo e successivamente un revenge movie davvero esagerato se cercate una vendetta fatta di colpi proibiti e splatter a volontà.
Haruka Nozaki è una studentessa continuamente derisa e umiliata dai suoi compagni di classe: la prima scena è piuttosto eloquente, in quanto la ragazzina è costretta a recuperare le sue scarpe dentro un fosso pieno di fango (alcune sue coetanee le hanno fatto uno scherzo terribile). Ci troviamo in una piccola cittadina del Giappone rurale, un posto isolato che non permette alla protagonista di trovare nuovi amici (eccetto il giovane Mitsuru, di lei infatuato). Quando i genitori di Haruka muoiono durante un incendio doloso che distrugge la loro abitazione, in lei scatta una molla che la tramuta in una spietata assassina. Prima il fuoco e poi la neve, due elementi simbolici di purificazione e di cambiamento, una svolta che ci catapulta nella più classica delle vendette, dove il sangue scorre copioso e nella quale nulla ci viene risparmiato (dita mozzate, coltellate a ripetizione, conati di vomito e quant’altro!).
Eisuke Naitô mette in contrasto il bianco della neve con il rosso più acceso (presente sia nel sangue che nel cappotto di Haruka), due colori che diventano il leitmotiv di un revenge movie che con il trascorrere dei minuti aggira ogni approfondimento possibile, rinnegando persino la componente teen drama della mezzora iniziale (la caratterizzazione dei vari teenager lascia spazio soltanto all’azione della protagonista e ai particolari truculenti). Inoltre anche l’aspetto melodrammatico resta abbozzato e rende piuttosto interlocutoria la figura di Mitsuru, ennesimo elemento trattato con una certa superficialità. Il film perciò risulta monodimensionale nei personaggi e non appassiona più del dovuto, nonostante una buona partenza e un divertente tripudio splatter a dire il vero inatteso.
Sia chiaro, “Liverleaf” non è un film da buttar via, poiché è capace di regalarci una fase horror con qualche guizzo davvero indovinato, ma i punti oscuri non sono pochi e vengono chiariti frettolosamente, come quando il padre di Haruka è costretto a lasciare la figlia a casa perché la scuola non sembra intenzionata ad ascoltare le richieste di aiuto della ragazza. Un’alternanza di luci e ombre che soddisfa a metà il nostro appetito, in questa pellicola che potremmo definire (con molta fantasia) la versione adolescenziale di “Lady Snowblood” (1973). Quello di Toshiya Fujita è però un classico senza tempo del cinema giapponese, “Liverleaf” invece non ha grandi motivi per farsi ricordare: forse è meglio ripiegare sul manga.
(Paolo Chemnitz)