di Drew Goddard (Stati Uniti, 2012)
“Quella Casa Nel Bosco” (“The Cabin In The Woods”) non lo ricorderemo certo come un capolavoro del cinema horror, ma anche a distanza di anni la pellicola di Drew Goddard conserva un certo fascino dettato soprattutto dalle anomalie che la contraddistinguono. In apparenza è un classico filmetto con il solito gruppo di stereotipati giovanotti in gita per il weekend, in realtà si tratta di un’opera labirintica che (paradossalmente) trova la sua forza proprio nella banale caratterizzazione dei cinque protagonisti e nel suo spudorato citazionismo.
Che ci sia qualcosa di strano lo intuiamo fin dall’inizio: mentre i cinque studenti universitari partono con il camper, alcuni scienziati seguono il viaggio dei nostri da una sofisticata base segreta sotterranea, una delle tante sparse per il mondo. Una volta giunti in questa remota dimora nel bosco, una serie di eventi insoliti minacciano la tranquillità dei ragazzi: gli scienziati infatti, grazie a delle telecamere nascoste e al rilascio di farmaci che alterano il comportamento, controllano l’ambiente in modo tale da poter manipolare le azioni degli studenti, i quali scesi nella cantina della casa mettono in moto inconsapevolmente uno scenario dell’orrore a scelta tra i tanti possibili. Praticamente un gioco al massacro che segue delle regole ben precise, anche per quanto riguarda chi deve morire prima e chi dopo, tutto questo per soddisfare un programma rituale da cui dipende il destino del pianeta. Molto più difficile a spiegarlo che a vederlo, ma l’idea di fondo, seppur abbastanza contorta, si rivela vincente soprattutto nella scoppiettante parte conclusiva.
Il punto di riferimento basilare per Drew Goddard è Sam Raimi: la somiglianza di questa casa con quella in cui finiscono Bruce Campbell e soci è palese, inoltre sia l’assalto nel bosco (gli zombi qui non sono così tanto dissimili dalle creature infernali dei primi due capitoli di “Evil Dead”) che quel tunnel al posto del ponte crollato fanno subito pensare a un film in fotocopia. Tutto vero e tutto clamorosamente falso, perché all’improvviso si sprofonda in una scatola di vetro e tornano in mente “Cube” (1997) di Vincenzo Natali e moltissimi altri film legati all’horror e alla fantascienza, un valzer di mostri parcheggiati nel sottosuolo in attesa di essere sguinzagliati per massacrare i poveri malcapitati (c’è il sosia di Pinhead, poi un pagliaccio che rimanda a “It”, vari serial killer, animali giganti e persino un unicorno piuttosto incazzato!). Una geniale passerella in salsa splatter che ci ripaga di un’attesa snervante nella quale è impossibile provare empatia per gli stupidi e inutili personaggi del film. Ma tutto questo è voluto e funziona decisamente bene.
“Quella Casa Nel Bosco” è un Grande Fratello che flirta con il cinema dell’orrore, cinque bellocci (la puttanella, lo sportivo, l’intellettuale, il buffone e la vergine) buttati nella mischia e costretti a recitare un ruolo immutabile: un iter già scritto che prevede la morte come eliminazione, per un film intriso di critica verso il mondo della televisione. Quando la leggerezza diventa intelligenza “Quella Casa Nel Bosco”, pur nella sua elaborata stratificazione, compie senza grandi sbavature il suo dovere: intrattiene, diverte e riesce persino a farci riflettere su alcune dinamiche perverse che muovono i fili dello spettacolo.
(Paolo Chemnitz)