di Andrea Bianchi (Italia, 1981)
Gli anni ottanta rappresentano una grande fucina per il cinema trash nazionale: titoli come “Le Notti Del Terrore” (1981), “La Croce Dalle 7 Pietre” (1987), “Il Bosco 1” (1988) o “Paganini Horror” (1989) riescono infatti a coniugare l’horror con la comicità involontaria, trasformandosi in perle del cinema bis da tramandare ai posteri. Film brutti ma divertenti, ingenui ma unici, poveri ma pur sempre genuini (tranne forse quello di Andolfi, uno scempio senza attenuanti!).
Andrea Bianchi, già regista del volgarissimo “Malabimba” (1979), qui sforna il suo vero capolavoro: un prodotto sbagliato dal principio alla fine, sceneggiato con i piedi (da Piero Regnoli) e diretto in maniera sconclusionata cercando di salvare il salvabile per via dei pochi mezzi a disposizione. Durante l’incipit vediamo un archeologo (in verità sembra un personaggio biblico) risvegliare un’orda di zombi affamati di carne umana: si tratta di etruschi tornati in vita, i quali ammazzano il malcapitato per poi recarsi nella sua stessa villa, dove sono presenti un gruppo di invitati. L’assedio non tarda a sopraggiungere, con tutte le conseguenze del caso.
La prima cosa che notiamo riguarda il trucco di questi morti viventi, realizzato alla meno peggio ma fin troppo grottesco per incutere timore. Si nota fin da subito una certa devozione nei confronti di “Zombi 2” (1979) di Lucio Fulci, ma neppure Marino Girolami con il suo cultissimo “Zombi Holocaust” (1980) era riuscito a fare di peggio. Poi non appena gli ospiti aprono la bocca ci rendiamo conto della pochezza dei dialoghi, con quel “sembri una mignotta” (provate a ricordarvi il contesto in cui viene detto) entrato di diritto nel cuore di ogni appassionato che si rispetti. Quando gli zombi cominciano a sbucare fuori dal giardino (“è come corroso dal tempo”, altra frase indimenticabile!), il film prende una piega allucinante e paradossale, anche perché queste creature sono ancora più lente di quelle viste nel cinema di Romero, ma giustamente i protagonisti anziché fuggire a gambe levate preferiscono rintanarsi dentro casa, garantendosi un bel suicidio di massa tranquillamente evitabile. Tutto procede secondo copione, persino alcune assurdità come la figura del bambino Michael, in realtà interpretato da Peter Bark, attore affetto da nanismo all’epoca ventiseienne! La scena più bella è proprio quella in cui il (presunto) ragazzino, ormai trasformato in zombi, strappa con un morso un capezzolo della madre, un’attrazione fatale verso quei seni che il regista vorrebbe forse giustificare con un complesso edipico quando a dire il vero sembra più una relazione incestuosa.
Girato in quattro settimane a Frascati, “Le Notti Del Terrore” (o anche “Zombi Horror”) è un b-movie capace di risolvere una serata tra amici: il classico esempio di filmaccio a basso costo dove ogni errore diventa un pregio, una pellicola che suscita tanta simpatia e persino nostalgia per un’epoca dove ancora ci si poteva permettere di fare di tutto, anche questa roba qui.
(Paolo Chemnitz)