di Bogdan Mirică (Romania/Francia, 2016)
Con Bogdan Mirică la new wave rumena si sposta dallo squallore urbano delle città agli spazi aperti delle campagne. Dimentichiamoci quindi per un attimo le atmosfere plumbee di alcuni lavori di Cristi Puiu o Cristian Mungiu, esplorando invece una zona del paese poco conosciuta, un lembo di terra al confine tra Romania e Ucraina (nei pressi di Tulcea). Qui il giovane regista esordiente ambienta “Dogs” (“Câini”), memore dei suoi ricordi di gioventù quando egli trascorreva del tempo nella casa rurale della nonna (assistendo a molti conflitti tra la gente del posto). Ma “Dogs” non è un film autobiografico, perché Mirică prende soltanto lo spunto dalla sua esperienza passata per raccontarci invece quello che possiamo definire un vero e proprio crime movie dai forti connotati western.
Già premiata nella categoria Un Certain Regard al Festival di Cannes, la pellicola mostra fin da subito uno spiccato taglio autoriale. Con un breve ma efficace piano sequenza la telecamera plana lentamente verso uno stagno dove sembra esserci qualcosa sotto il pelo dell’acqua: si tratta di un piede mozzato, protagonista più tardi di una scena alquanto grottesca (un vecchio poliziotto lo esamina dentro un piatto, ovviamente dopo aver levato la scarpa e il calzino che lo avvolgeva). La terra dove si svolgono gli eventi è un luogo di faide e di violenza in cui si reca Roman, un uomo proveniente da Bucarest che ha appena ereditato dal nonno questa vasta proprietà in mezzo al nulla. Il protagonista si ritrova (suo malgrado) invischiato in uno scenario poco confortante, anche perché presto viene messo al corrente riguardo ai trascorsi criminali del nonno. Lo scontro diventa quindi inevitabile, dopotutto in questa campagna bollente i cani del titolo sono gli uomini stessi, bestie randagie costrette ad azzannarsi tra di loro per il dominio e la supremazia (“non sei adatto a posti come questo. Anche tra gli animali, ce ne sono di piccoli e di grandi. E quelli più piccoli devono fare un patto con quelli più grandi affinché non li mangino”, un avvertimento che Roman non accetta di buon grado).
“Dogs” è un film stratificato, dove a una partenza fulminante seguono alcuni passaggi più dilatati, improvvisi cali di tensione che comunque ci preparano a un finale molto più movimentato (e per nulla positivo). Col trascorrere dei minuti Bodgan Mirică aggiunge altre figure alla storia, tutte collegate da un filo invisibile che attraversa questo terreno bagnato dal sangue, una scelta non sempre capace di mantenere alto il profilo psicologico dei vari personaggi ma allo stesso tempo funzionale per lo sviluppo narrativo delle vicende. Nell’opera inoltre il paesaggio ricopre un ruolo fondamentale: l’utilizzo del campo lungo avvalora questa sensazione, un panorama avvolgente che a tratti ricorda gli scenari del cinema di frontiera. Quello di Mirică è appunto un western contemporaneo, nel quale la legge è ancora legata alle regole non scritte della criminalità organizzata. “Dogs” rappresenta sicuramente un debutto incoraggiante, un piacevole diversivo all’interno di una scuola rumena spesso capace di offrirci prodotti al di sopra della media. Come questo.
(Paolo Chemnitz)