Horsehead

horsehead-poster-alternatedi Romain Basset (Francia, 2014)

Durante l’esplorazione dei sogni si incontrano molti schemi simbolici, tra cui il cavallo. Carl Jung lo definisce l’archetipo della madre mentre per molti teorici è il traghettatore, la guida per l’aldilà o un messaggero della morte”.
La partenza è fulminante: subito dopo una splendida scena onirica, “Horsehead” prende vita focalizzandosi sul significato degli incubi ricorrenti che attanagliano la giovane Jessica, una ragazza tormentata da una figura antropomorfa con la testa di cavallo. La situazione peggiora dal momento in cui la protagonista è costretta a tornare a casa dalla madre (interpretata da Catriona MacColl, un tempo attrice feticcio di Lucio Fulci). La nonna è appena passata a miglior vita e la sua veglia funebre si svolge proprio nella camera accanto a quella di Jessica.
Quello tra il cinema horror e il mondo dei sogni è un legame che conosciamo da tanto tempo: titoli come “Nightmare” (1984) o il più recente “Slumber: Il Demone Del Sonno” (2017) sono soltanto due esempi di pellicole incentrate sull’argomento. “Horsehead” si incastra a dovere all’interno del filone mostrando però fin da subito il suo animo francese, un approccio estremo molto più marcato che si somma a una carica visionaria spesso pittorica (non a caso le citazioni per le opere di Johann Heinrich Füssli – in particolare “L’Incubo” – sono parte integrante del film).
La regia dell’esordiente Romain Basset è sicuramente talentuosa ma “Horsehead” alla lunga paga una certa pretenziosità che si riflette inesorabilmente sul risultato finale: dopo una prima mezzora di sicuro interesse, l’opera comincia a deragliare senza trovare la giusta continuità nella narrazione ma riproponendo ciclicamente gli incubi di Jessica alternati alla sua vita quotidiana nel mondo reale. Quello di Basset diventa ben presto un videoclip patinato immerso nel rosso porpora (un ammiccamento non troppo velato alle scenografie di “Suspiria”), una dimensione oscura e inquietante (notevole la colonna sonora) che non sempre si incastra alla perfezione con il resto del lavoro, poco convincente in alcuni dialoghi e nelle spiegazioni psicanalitiche (il tono si mantiene criptico ma la confusione è dietro l’angolo).
“Horsehead” è un lungometraggio che riesce a distinguersi da tante altre opere contemporanee e questo è un bene, allo stesso tempo però questa sua peculiarità si scontra con una certa ambizione di fondo che fa rima con presunzione. Romain Basset è bravo ma non è certo David Lynch: un debutto di questo tipo offre quindi tanti aspetti intriganti ma paga una certa autoreferenzialità difficile da arginare nei suoi momenti più esplosivi. La visione è moderatamente consigliata, perché non bastano alcune sequenze davvero portentose a decretare la bellezza complessiva del film. Voto arrotondato per eccesso.

3

(Paolo Chemnitz)

horsehead

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