Un Tranquillo Posto Di Campagna

un tranquillo posto di campagnadi Elio Petri (Italia/Francia, 1968)

Che il 1968 rappresenti un anno di totale rottura con il passato lo sappiamo tutti. Elio Petri aveva già dimostrato di essere un regista all’avanguardia (“La Decima Vittima” è del 1965) ma è “Un Tranquillo Posto Di Campagna” a decretare (insieme ad altri titoli) l’ingresso del cinema italiano in una nuova epoca, poiché il film non è altro che un lungimirante connubio tra thriller psicologico e horror visionario ben incastonato tra le derive artistiche del periodo. Un’opera ampiamente sottovalutata che merita la giusta celebrazione anche sul nostro sito.
Franco Nero interpreta Leonardo Ferri, un pittore molto quotato ma in piena crisi creativa: egli è tormentato da incubi ricorrenti in cui sogna di essere ammazzato dalla sua amante/manager Flavia (una fantastica Vanessa Redgrave), così decide di fuggire da Milano per trovare la giusta concentrazione nelle campagne venete. L’uomo si stabilisce in una villa disabitata dove un tempo viveva una giovane contessa veneziana di nome Wanda, un isolamento che peggiora le condizioni del protagonista, il quale ritrova l’ispirazione per dipingere ma allo stesso tempo scivola nella follia più completa, ossessionato dalle torbide vicende sessuali della contessina. Leonardo è convinto che il fantasma di Wanda sia presente tra quelle mura, un pericolo che ricade pure su Flavia, spesso vittima di strani accadimenti ogniqualvolta la troviamo in quel luogo (si tratta di Villa Lugli in provincia di Padova, utilizzata successivamente per il giallo di Sergio Martino “Il Tuo Vizio è Una Stanza Chiusa e Solo Io Ne Ho La Chiave”).

un tranquillo“Un Tranquillo Posto Di Campagna” mette in moto fin da subito la sua incredibile carica onirica, tracciando – almeno durante le prime battute del film – quella sensibilità intellettuale tanto cara a Marco Ferreri (il rapporto tra arte e progresso) in un percorso decisamente ardito e tortuoso: la regia sperimentale, il montaggio frenetico, la colonna sonora dissonante di Ennio Morricone, tutto infatti lascia pensare a un lavoro che vuole lasciarsi definitivamente alle spalle il decennio di appartenenza, nonostante le palesi influenze pop-psichedeliche del periodo. Il talento artistico di Leonardo è il punto di non ritorno, lo step che proietta l’individuo in una condizione di alienazione totale dalla civiltà, non a caso quella del protagonista diventa presto una ricerca della verità che implica la pazzia e il disorientamento (l’immaginazione prende il posto del tangibile e in questa gabbia senza uscita finiamo anche noi spettatori).
Quello di Elio Petri è un thriller rurale che anticipa persino alcune suggestioni presenti nel capolavoro di Pupi Avati “La Casa Dalle Finestre Che Ridono” (1976), perché è un film permeato da un elemento mystery e da una sorta di memoria condivisa da tutta la comunità, indizi che vengono disseminati dal regista nel corso della storia e che affiorano in maniera inquietante passo dopo passo. Un baratro sempre in bilico tra realtà e allucinazione che pone questa pellicola in un contesto di assoluta avanguardia estetica: “Un Tranquillo Posto Di Campagna” non è quindi una semplice opera di passaggio, ma è uno snodo cruciale per un’epoca di grande importanza socio-culturale. Petri si agita tra paranormale, colori sgargianti, una morbosa sensualità e un finale di puro delirio, mettendo in disparte la narrazione per fare spazio a un palpabile senso di urgenza storica. Angosciante.

4

(Paolo Chemnitz)

un tranquillo posto di campagna_

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