di Lucio Fulci (Italia, 1981)
Ogni opera che compone la trilogia della morte di Lucio Fulci ha la sua particolare peculiarità che la rende diversa dalle altre e quindi unica. Se “Paura Nella Città Dei Morti Viventi” (1980) è il film più estremo e truculento del lotto, con il successivo “…E Tu Vivrai Nel Terrore! L’Aldilà” (1981) il regista romano realizza il suo capolavoro visionario, mentre il terzo e ultimo capitolo “Quella Villa Accanto Al Cimitero” vira decisamente sullo spavento e sulla tensione, un’opera al nero intrisa di angoscia e di suspense.
Ritroviamo Catriona MacColl questa volta nei panni di Lucy Boyle, moglie del Dottor Norman Boyle (Paolo Malco) e madre del piccolo Bob: l’uomo è un ricercatore universitario appena trasferitosi con la sua famiglia in un’immaginaria cittadina del New England per proseguire gli studi effettuati dal collega Peterson, morto suicida tempo prima dopo aver ucciso la consorte. C’è qualcosa di strano in quella villa, un mistero raccapricciante che viene rivelato con molta parsimonia ma che possiamo subito collocare nella cantina dell’abitazione, da sempre un luogo simbolo del cinema horror, un limbo tra il mondo reale e la sfera ultraterrena (che può essere l’inferno o più semplicemente un posto nel quale si manifesta la morte in tutte le sue sfaccettature). Proprio tra quelle anguste stanze Lucio Fulci gira un epilogo straziante, tra i più spaventosi della sua filmografia.
“Quella Villa Accanto Al Cimitero” è un film di culto, perché oltre alle immancabili scene splatter il regista realizza un horror ricco di viscerali atmosfere sinistre, una prerogativa avvalorata dall’utilizzo del grandangolo e da una fotografia molto grigia e cupa, sia negli esterni che negli interni. Fulci porta sullo schermo qualche suggestione già assaporata in passato (“Amityville Horror”) e molte ossessioni presenti nelle opere di Lovecraft, senza però mai scadere nel citazionismo esplicito: anche lo stesso personaggio del Dottor Freudstein – a parte il nome composto da un semplice gioco di parole – è un mad doctor assolutamente atipico per il genere, in quanto può essere associato più facilmente a uno zombi putrescente o comunque a un mostro immortale, capace di rigenerare le proprie carni sacrificando persino la sua famiglia.
Un altro aspetto importante di “Quella Villa Accanto Al Cimitero” è quello legato all’infanzia, lo sceneggiatore Dardano Sacchetti infatti riversò nello script alcuni episodi della sua fanciullezza (“sono nato in una casa di campagna, grande e con un’ampia cantina buia. Non c’era acqua corrente, non c’era elettricità, non c’erano bagni. Era l’altra faccia della vita, un autentico territorio di avventura” è la sua testimonianza raccolta nel fondamentale tomo Il Terrorista Dei Generi – Tutto Il Cinema Di Lucio Fulci). Proprio lo spirito di immaginazione del piccolo Bob è un segnale che ricorre più volte nell’opera, un caso di preveggenza che segna in maniera indelebile le sorti dei protagonisti (“nessuno saprà mai se i bambini sono mostri, o se i mostri sono bambini”).
“Quella Villa Accanto Al Cimitero” è un horror completo e multiforme, pieno di sfumature, di rimandi e di orribili accadimenti, il tutto messo al servizio delle nostre paure più remote. La chiusura perfetta di una trilogia indimenticabile.
(Paolo Chemnitz)